PASTORI: GLI AMICI DELL A PRIMA ORA
Ricordo tutto di quella notte. Fu simile a tante altre eppure così diversa. Ero figlio di pastori e come mio padre anche io avevo “ereditato” la sua professione. Ero con lui quella notte ed insieme con noi ce ne erano anche altri nella zona. Ad un tratto mi vennero a svegliare; non comprendevo cosa fosse successo, ma mi parlavano di apparizioni di angeli, di lieto messaggio, di un bambino appena nato. Bisognava mettersi in cammino, SUBITO, per trovarlo e rendergli omaggio. Si trattava di un bambino speciale, dicevano, un Salvatore. Io non avevo ricevuto l’apparizione, ma la gioia, la speranza, la certezza che vedevo in quei volti scavati dal sole e da tante privazioni non mi fece dubitare. BISOGNAVA andare a VEDERE.
Per questo ci INCAMMINAMMO alla ricerca del Bambino; mio padre procedeva davanti a tutti con l’energia di una ritrovata giovinezza e mi domandavo cosa veramente lo spingesse ad avventurarsi nella notte a cercare un bambino appena nato… cosa poteva esserci di speciale in un bambino? Eppure nonostante i dubbi che sorgevano nel mio cuore, continuai a seguirlo, sperando che quell’INCONTRO potesse aiutarmi a capire, anche se non sapevo neanche che cosa. Non mi resi conto, però, che l’INCONTRO era già cominciato.
Trovammo così come era stato detto dall’Angelo: un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia. Strano posto per deporre un bambino, pensavo, la mangiatoia, strano posto per un Salvatore nascere in una grotta, in una stalla. Come può la povertà portare la ricchezza, mi domandavo, come può saziare la fame, liberare dalla schiavitù?
Entrammo: mio padre aveva un agnello tra le braccia, anche quello nato da poco, si inginocchiò e lo depose ai piedi della mangiatoia. Avevo sempre ammirato mio padre per la sua dignità che aveva mantenuto anche nei momenti più difficili della sua vita. Perciò mi fece impressione vederlo inginocchiato, inerme, in un atteggiamento di riverenza verso il Bambino e la Donna.
Già, la Donna: la sua bellezza traluceva qualcosa di proveniente da un altro mondo. Ci sorrideva e ci lasciava avvicinare a suo Figlio, nonostante anche lei sembrasse non comprendere perché fossimo li. Non ci sentivamo degli estranei, però, perché sia lei che l’Uomo che stava con lei, sembravano guidati da un senso superiore che faceva loro vivere il momento presente con estrema calma e sicurezza.
Tornai a guardare mio padre e gli altri… erano tutti in ginocchio e offrivano quello che avevano; solo in quel momento mi resi conto che io non avevo portato nulla da offrire se non i miei dubbi e le mie domande, ma come potevano quelli considerarsi un DONO? Però, almeno, potevo inginocchiarmi come gli altri e mi convinsi a farlo anch’io. Ed allora successe qualcosa che non avrei mai aspettato, qualcosa che prima non potevo capire perché lo si comprende solo quando ci si ARRENDE. Iniziai a vedere il mondo da un’altra prospettiva, quella di chi sta IN GINOCCHIO. Da quella posizione potevo constatare un rinnovato senso di fraternità con tutti coloro che erano convenuti alla grotta; l’essere tutti in ginocchio annullava le differenze che fino allora ci avevano diviso a volte nel dolore e mi infondeva speranza per il futuro. Potevo notare l’atteggiamento dell’Uomo, anche lui inginocchiato accanto alla Donna: la sua fortezza e la sua sicurezza non venivano meno e un incomprensibile senso di potenza si manifestava nella sua persona. Dal basso potevo ammirare meglio il volto della Madre, radiante di una gioia silenziosa e di ammirato stupore, persa nella contemplazione del suo Bambino ma non di meno attenta a ciò che la circondava. Potei ammirare il Bambino che nonostante il freddo della notte si era addormentato sereno… e compresi che ogni Figlio dell’Uomo sia che sia Re o pastore deve abbandonarsi al riposo della notte ed un giorno a quello della morte. Compresi che se anche non potevo avere la certezza che quel Bambino sarebbe stato il Salvatore promesso, io avevo un disperato bisogno di salvezza, semplicemente perché ero uomo e la mia realtà era come quella di tutti gli altri essere umani sulla terra, quella di un essere in ginocchio davanti al mistero della vita. Non potevo comprendere ancora l’identità’ del Bambino, ma avevo compreso la mia. Per questo dal mio cuore sgorgarono spontanee queste parole: “O Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, ABBI PIETA’ DI ME, PECCATORE. Donami la tua Salvezza, donami il Salvatore.”
Chiusi gli occhi mentre sentivo una lacrima rigare il mio volto. Una mano mi toccò la spalla e quando alzai lo sguardo vidi l’Uomo indicarmi la Donna che, sorridendo, fissava le mie MANI VUOTE e mi incoraggiava ad avvicinarmi. “Figlio dell’uomo” mi disse porgendomi il Figlio, “la salvezza è entrata nella tua casa. Fa’ tutto quello che Lui ti dirà”.
ACCOLSI il Figlio, felice di potergli offrire il mio corpo per scaldarlo… un giorno avrei scoperto che Lui avrebbe offerto il suo per me in un’altra mangiatoia e che mi avrebbe indicato la VIA prendendo su di sé la mia: “Io sono il BUON PASTORE che DA’ LA VITA per le sue pecore.”
Da "Acqua zampillante"Ricordo tutto di quella notte. Fu simile a tante altre eppure così diversa. Ero figlio di pastori e come mio padre anche io avevo “ereditato” la sua professione. Ero con lui quella notte ed insieme con noi ce ne erano anche altri nella zona. Ad un tratto mi vennero a svegliare; non comprendevo cosa fosse successo, ma mi parlavano di apparizioni di angeli, di lieto messaggio, di un bambino appena nato. Bisognava mettersi in cammino, SUBITO, per trovarlo e rendergli omaggio. Si trattava di un bambino speciale, dicevano, un Salvatore. Io non avevo ricevuto l’apparizione, ma la gioia, la speranza, la certezza che vedevo in quei volti scavati dal sole e da tante privazioni non mi fece dubitare. BISOGNAVA andare a VEDERE.
Per questo ci INCAMMINAMMO alla ricerca del Bambino; mio padre procedeva davanti a tutti con l’energia di una ritrovata giovinezza e mi domandavo cosa veramente lo spingesse ad avventurarsi nella notte a cercare un bambino appena nato… cosa poteva esserci di speciale in un bambino? Eppure nonostante i dubbi che sorgevano nel mio cuore, continuai a seguirlo, sperando che quell’INCONTRO potesse aiutarmi a capire, anche se non sapevo neanche che cosa. Non mi resi conto, però, che l’INCONTRO era già cominciato.
Trovammo così come era stato detto dall’Angelo: un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia. Strano posto per deporre un bambino, pensavo, la mangiatoia, strano posto per un Salvatore nascere in una grotta, in una stalla. Come può la povertà portare la ricchezza, mi domandavo, come può saziare la fame, liberare dalla schiavitù?
Entrammo: mio padre aveva un agnello tra le braccia, anche quello nato da poco, si inginocchiò e lo depose ai piedi della mangiatoia. Avevo sempre ammirato mio padre per la sua dignità che aveva mantenuto anche nei momenti più difficili della sua vita. Perciò mi fece impressione vederlo inginocchiato, inerme, in un atteggiamento di riverenza verso il Bambino e la Donna.
Già, la Donna: la sua bellezza traluceva qualcosa di proveniente da un altro mondo. Ci sorrideva e ci lasciava avvicinare a suo Figlio, nonostante anche lei sembrasse non comprendere perché fossimo li. Non ci sentivamo degli estranei, però, perché sia lei che l’Uomo che stava con lei, sembravano guidati da un senso superiore che faceva loro vivere il momento presente con estrema calma e sicurezza.
Tornai a guardare mio padre e gli altri… erano tutti in ginocchio e offrivano quello che avevano; solo in quel momento mi resi conto che io non avevo portato nulla da offrire se non i miei dubbi e le mie domande, ma come potevano quelli considerarsi un DONO? Però, almeno, potevo inginocchiarmi come gli altri e mi convinsi a farlo anch’io. Ed allora successe qualcosa che non avrei mai aspettato, qualcosa che prima non potevo capire perché lo si comprende solo quando ci si ARRENDE. Iniziai a vedere il mondo da un’altra prospettiva, quella di chi sta IN GINOCCHIO. Da quella posizione potevo constatare un rinnovato senso di fraternità con tutti coloro che erano convenuti alla grotta; l’essere tutti in ginocchio annullava le differenze che fino allora ci avevano diviso a volte nel dolore e mi infondeva speranza per il futuro. Potevo notare l’atteggiamento dell’Uomo, anche lui inginocchiato accanto alla Donna: la sua fortezza e la sua sicurezza non venivano meno e un incomprensibile senso di potenza si manifestava nella sua persona. Dal basso potevo ammirare meglio il volto della Madre, radiante di una gioia silenziosa e di ammirato stupore, persa nella contemplazione del suo Bambino ma non di meno attenta a ciò che la circondava. Potei ammirare il Bambino che nonostante il freddo della notte si era addormentato sereno… e compresi che ogni Figlio dell’Uomo sia che sia Re o pastore deve abbandonarsi al riposo della notte ed un giorno a quello della morte. Compresi che se anche non potevo avere la certezza che quel Bambino sarebbe stato il Salvatore promesso, io avevo un disperato bisogno di salvezza, semplicemente perché ero uomo e la mia realtà era come quella di tutti gli altri essere umani sulla terra, quella di un essere in ginocchio davanti al mistero della vita. Non potevo comprendere ancora l’identità’ del Bambino, ma avevo compreso la mia. Per questo dal mio cuore sgorgarono spontanee queste parole: “O Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, ABBI PIETA’ DI ME, PECCATORE. Donami la tua Salvezza, donami il Salvatore.”
Chiusi gli occhi mentre sentivo una lacrima rigare il mio volto. Una mano mi toccò la spalla e quando alzai lo sguardo vidi l’Uomo indicarmi la Donna che, sorridendo, fissava le mie MANI VUOTE e mi incoraggiava ad avvicinarmi. “Figlio dell’uomo” mi disse porgendomi il Figlio, “la salvezza è entrata nella tua casa. Fa’ tutto quello che Lui ti dirà”.
ACCOLSI il Figlio, felice di potergli offrire il mio corpo per scaldarlo… un giorno avrei scoperto che Lui avrebbe offerto il suo per me in un’altra mangiatoia e che mi avrebbe indicato la VIA prendendo su di sé la mia: “Io sono il BUON PASTORE che DA’ LA VITA per le sue pecore.”