“La Provvidenza che governa il mondo”

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Venerabile Beda
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“La Provvidenza che governa il mondo”

Messaggio da Venerabile Beda » domenica 20 febbraio 2011, 22:50

Sostengono i soliti “bene informati” che il Cristianesimo è nemico giurato del sesso. Che il messaggio cristiano è allergico alla gioia. Che esiste incompatibilità tra Cristo e il piacere. A leggere il Vangelo, però, si scopre un'unica incompatibilità radicale. Quella tra Dio e il denaro. Gesù parla di una scelta decisiva che deve fare l'uomo. E ne parla come di appartenenza a un unico padrone, come decisione di servire un solo padrone. Ora, il padrone che si mette in concorrenza con Dio, che minaccia la sua Signoria assoluta, che attenta al Suo dominio assoluto, non è il sesso e neppure il piacere, ma la ricchezza. Il « Dio geloso » si rivela, in realtà, come un Dio geloso dell'uomo che si getta tra le braccia di Mammona. Il Vangelo non lascia dubbi al riguardo. Ci mette dinanzi a una rude alternativa: Dio o le ricchezze. O si ripone la propria fiducia in Dio, oppure in Mammona. Non ci può essere l'uno e l'altro, ma l'uno o l'altro. Una rapida incursione nel campo dell'etimologia risulta particolarmente illuminante. In lingua ebraica, il fatto di credere viene espresso con termini che derivano dalla radice 'mn, « essere stabile, sicuro, fiducioso, fare affidamento, sentirsi legato a un altro », o anche « farsi portare ». Ossia, chi crede si fa portare da un altro, si appoggia su un altro, ripone la propria fiducia esclusiva in un altro. Chi crede, « si fa portare » da Dio, si appoggia su Dio. Ora, l'etimologia del termine aramaico Mammona, secondo alcuni studiosi di una certa fama, si riallaccia alla medesima radice 'mn da cui deriva il verbo che esprime l'atto di credere. Quindi, la stessa etimologia della parola ci conduce a faccia a faccia con il dilemma del Vangelo: la Vita si risolve in un farsi portare. Da Dio oppure da Mammona. O ci si appoggia su Dio oppure sulle ricchezze. Così comprendiamo il peccato originale del ricco. Che consiste nel mettere tra parentesi Dio. Nel non aver bisogno di Lui. Nel riporre altrove la propria sicurezza. E comprendiamo il perché delle maledizioni del Cristo nei confronti dei ricchi. Il ricco nega praticamente « la verità della nostra relazione verticale a Dio » (Congar). Per lui Dio è un lusso, non una necessità. E Dio non accetta una funzione ornamentale, decorativa. Un cuore occupato dal denaro è un cuore vuoto di Dio. Cristo non si scaglia contro i ricchi in quanto categoria sociale, ma in quanto espressione di un atteggiamento che svuota il contenuto essenziale della fede. In un cuore « posseduto » dalle ricchezze, non c'è più posto per la fede. E, quale segno concreto di questo « lasciarsi portare » da Dio, Gesù insiste sull'esigenza di affidarsi al Padre celeste, il quale sa tutto ciò di cui abbiamo bisogno.
È il famoso discorso sulla Provvidenza, sugli uccelli del cielo e sui gigli del campo, che ha fatto sorridere e ancor oggi provoca l'ironia di molti saccenti. Bisogna essere realisti, dicono. Di fatto, Gesù non invita all'inerzia. E non dice neppure di « non pensarci ». Dice di non affannarsi, di non stare in ansia, che è una cosa ben diversa. La fede si oppone all'angoscia, all'ossessione, all'inquietudine, non all'impegno. Il credente si fida dell'amore del Padre, e tuttavia si dà da fare. Un detto popolare precisa giustamente che «Dio provvede il cibo agli uccelli del cielo, ma non glielo mette nel nido ». La fede nella Provvidenza non dispensa il discepolo dal lavoro. Il suo impegno rimane serio, ma sereno. Nonostante queste puntualizzazioni, qualcuno definisce la pagina del Vangelo in questione come appartenente al genere della poesia, e la liquida come « sfasata » rispetto ai problemi brutali che pone la vita quotidiana. Non si può discutere teoricamente sulla Provvidenza. Bisognerebbe, invece, provare. Ma provare in quella maniera totale, pazza, che è stata propria di uomini come il Cottolengo, don Orione e tanti altri. Gente assolutista che ha puntato tutto sulla Provvidenza, che non si è limitata a qualche timido tentativo. Soltanto questi credenti - non commentatori eruditi - sono in grado di documentare se la pagina evangelica è poesia, oppure se è in grado di sfamare chi non ha un pezzo di pane da mettere sotto i denti. Credenti che, a differenza di molti di noi, non si limitavano a credere anche in Dio, ma credevano solo in Dio. Penso alla testimonianza di una madre Teresa Michel, una « mandrogna » ancora troppo sconosciuta dal grande pubblico, che può essere definita tranquillamente come la madre Teresa di Calcutta italiana (con il vantaggio di alcuni decenni di anticipo).
Nobile ricca, affascinante, frequentatrice ammirata dell'alta società, rimasta vedova a 36 anni, distribuisce ai poveri di Alessandria un patrimonio enorme, fino all'ultimo centesimo, fino all'ultimo gioiello, all'ultima pelliccia. Quindi si mette a fare l'accattona, vestita di stracci, e a scarpinare per le strade di mezza Italia. In breve, grazie alle sue questue, raccoglie e mantiene e « onora » qualcosa come cinquecento « buone figlie ». Fa’ della Provvidenza l'unico suo sostegno. Dichiara: « Meno vi sono aiuti umani, e più il Signore deve fare Lui ». Di cassa, nella sua Opera, nemmeno a parlarne. C'è, però, la cassetta della posta. E ogni giorno la madre la apre quasi fosse una cassaforte. Di fatto vi ritira, regolarmente, biglietti di banca o monete spicciole. La Provvidenza tiene una corrispondenza epistolare giornaliera con madre Michel. Si danno del tu...
Gli episodi, rigorosamente documentati, sono centinaia.
Il senatore Teresio Borsalino, titolare del famoso cappellificio, gli aveva donato una sede nuova, ampia, moderna, per l'Ospizio. Un giorno si presentò con un mucchietto di milioni (del tempo!). Il discorso dell'industriale, uomo pratico, abituato a ragionare in termini di bilanci preventivi e consuntivi, era ineccepibile. Si erano costruiti dei bellissimi padiglioni. Per completare l'opera, bisognava però assicurare una base finanziaria che garantisse almeno il vitto alle ricoverate. Un libretto bancario era la cosa più sicura. Insomma, era lo scontato discorso della « solida base ». Madre Michel reagì con insolita vivacità:
- Non è nello spirito dell'Opera tenere dei capitali a frutto.
- E se domani vi mancano i mezzi? - incalzava l'industriale benefattore...
- La Divina Provvidenza non mancherà.
Quasi dicesse: domani sorgerà il Sole. Per lei la Provvidenza rientrava nel numero dei fenomeni naturali. Anzi, era più sicura dell'esatto funzionamento della Provvidenza (di cui aveva messo insieme prove numerosissime e inconfutabili) che non di tutte le leggi naturali messe insieme. No. La Provvidenza non è poesia. È grammatica. Voce del verbo fidarsi... Un verbo gelosissimo, come il Dio cui si riferisce, e che non tollera intrusi...

(Ignoto)


Il Venerabile Beda

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Noi, siamo sfacciatamente di parte e ce ne vantiamo!

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Cielo
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Re: “La Provvidenza che governa il mondo”

Messaggio da Cielo » lunedì 21 febbraio 2011, 18:35

Grazie Venerabile, quanta speranza questa storia dona a chi legge!
A me piace anche "L'atto di abbandono a Dio" di don Dolindo Ruotolo e quante volte nelle mie necessità e nelle tristezze l'ho letto!


“Non fate peccati, e state allegri”. San Filippo Neri

CercodiTe
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Re: “La Provvidenza che governa il mondo”

Messaggio da CercodiTe » mercoledì 23 febbraio 2011, 18:15

Bello, ironico, vero. Non dà solo speranza secondo me, ma anche fiducia. [k-Riso2] [k-Clap]



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