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Non sono venuto a portare la pace ma la spada

Inviato: venerdì 10 dicembre 2010, 8:36
da Benedetto
PAOLO VI
UDIENZA GENERALE
Mercoledì, 15 Ottobre 1975


TESTO DELL'UDIENZA


Venerati fratelli e figli carissimi!

Noi ci troviamo in un momento ed in una sede: l’Anno santo e queste tombe apostoliche, da cui ci si presenta nella sua più chiara e più drammatica prospettiva la questione pratica e principale della nostra vita cristiana, quella del confronto, del rapporto cioè fra la professione della nostra fede ed il mondo nel quale ci troviamo. È una questione capitale: un cristiano, che vuole essere coerente e fedele con la propria adesione alla religione cattolica, può immergersi nel mare potente e tempestoso della vita moderna? Vi è un contrasto, un conflitto, un urto fra la concezione circa il modo di vivere d’un battezzato, d’un figlio autentico della Chiesa, e la concezione, il costume d’un figlio non meno autentico del nostro secolo? Ed è una questione antica; risale al Vangelo, il quale, da un lato, professa un’adattabilità aperta a tutte le nazioni, a tutte le civiltà: « andate, ha detto Cristo ai suoi discepoli ed ai suoi apostoli, andate a tutte le genti » (Matth. 28, 19); e dall’altro lato, non nasconde una irriducibile diversità, un antagonismo fra chi vuol essere seguace di Cristo e chi non lo è e al seguace si oppone; Gesù ha detto: « Ecco, Io vi mando come pecore in mezzo ai lupi » (Ibid. 10, 16): sarete perseguitati; la vostra esistenza sarà resa dura e difficile; perfino in seno ad una stessa famiglia potrà sorgere divisione; « voi sarete odiati da tutti a causa del mio nome »; . . . « non pensate che Io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare la pace; ma la spada . . . » (Ibid. 34); « verrà l’ora in cui chi vi ucciderà, penserà di rendere omaggio a Dio » (Io. 16, 2). La tragica storia del santo che abbiamo canonizzato Domenica scorsa, Oliviero Plunkett, ne è, fra le tante, una drammatica testimonianza; e quanti cristiani, ancora oggi, perché cristiani, perché cattolici vivono soffocati da una sistematica oppressione! Il dramma della fedeltà a Cristo, e della libertà di religione, se pure mascherato da categoriche dichiarazioni in favore dei diritti della persona e della socialità umana, continua!

Perché ricordiamo questa triste sorte ancor oggi riservata a tanti fratelli di fede? La ricordiamo, primo, perché dobbiamo averli presenti nella preghiera questi fratelli, nel cuore, nell’onesto tentativo di ottenere anche per loro giustizia, pace e libertà nella civile professione dei loro sentimenti religiosi. Secondo: perché noi tutti abbiamo a riflettere realisticamente su questo aspetto della nostra fede: essa comporta sempre fortezza d’animo, coerenza di vita, capacità di pazienza e di testimonianza. Terzo: perché sappiamo leggere e rileggere quella grande pagina del Concilio, che s’intitola Gaudium et Spes, dove con tanto ottimismo, con tanta larghezza di vedute, con tanto senso della realtà storica, questo immenso problema del confronto fra la vita cristiana e la vita profana e moderna è analizzato sapientemente e praticamente.

Noi ci limitiamo qui ad accennare ai tre atteggiamenti che in simile situazione ci sembrano raccomandabili. L’atteggiamento della fedeltà a Cristo, alla Chiesa, al nostro inalienabile rapporto con la verità religiosa, col nostro destino vitale e soprannaturale. Ripeteremo ancora una volta le parole esortatrici di san Pietro: siate « forti nella fede » (1 Petr. 5, 9); e non sedotti dall’opportunismo di moda, o dalla parziale priorità sociologica, o politica data talora alle questioni di religione e di coscienza. L’atteggiamento critico e morale a riguardo di espressioni ideologiche e morali, che spesso diventano convenzionali nella pubblica opinione, e trovano facile appoggio nell’acquiescenza collettiva d’un decadente costume; e ciò specialmente quando sono in gioco valori superiori, sia a riguardo del pensiero, che della condotta pratica, che il magistero della Chiesa abbia autorevolmente difeso. Parola di san Paolo: « Esaminate bene ogni cosa; ritenete ciò che è bene; astenetevi da ogni forma di male » (1 Thess. 5, 21-22). E finalmente atteggiamento apostolico, pieno di stima, di simpatia, di fiducia anche verso gli uomini del nostro tempo: cioè procuriamo, non solo di difenderci dal contagio del male, che possiamo pur troppo riconoscere presente un po’ dappertutto (Cfr. 1 Io. 5, 19), ma di promuovere il bene, di sostenerlo, di attestarlo, di difenderlo, di moltiplicarlo: il Cristianesimo possiede tali risorse di bene, che dobbiamo talvolta attribuire a noi stessi se il mondo va male, per nostra insipienza, per nostra ignavia, per nostra viltà. Lasciamoci esortare dall’Apostolo: « sappiate ben conoscere il tempo; questa è già l’ora per noi di svegliarci dal sonno! » (Rom. 13, 11). Coraggio, dunque! Con la nostra Apostolica Benedizione.