Re: La vera vita cristiana
Inviato: martedì 24 agosto 2010, 17:20
COME IN ADAMO, COSI' IN CRISTO
In Romani 5: 12-21 non si parla solamente di Adamo; è detto qualche cosa anche del Signore Gesù. « Poiché siccome per la disobbedienza di un sol uomo, i molti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di un solo, i molti saranno costituiti giusti » . In Adamo riceviamo tutto ciò che è in Adamo; nel Cristo riceviamo tutto ciò che è in Cristo.
Le espressioni: « in Adamo » e « in Cristo » sono insufficientemente capite dai cristiani, e, a rischio di ripetermi, vorrei sottolineare ancora con una dimostrazione il significato ereditario e razziale dell'espressione « in Cristo ». Questa dimostrazione si trova nella lettera agli Ebrei. Ricordate che, nella prima parte di quella lettera, l’autore cerca di dimostrare che Melchisedec è più grande di Levi? Ricorderete che l’argomento da dimostrare è che il sacerdozio del Cristo è più grande di quello di Aronne, che pure apparteneva alla tribù di Levi. Ora, per dimostrare questo, l’autore deve provare che il sacerdozio di Melchisedec è più grande di quello di Levi, per la semplice ragione che il sacerdozio del Cristo è « secondo l’ordine di Melchisedec ».
« Perché è ben noto che il nostro Signore è sorto dalla tribù di Giuda, circa la quale Mosé non disse nulla che concernesse il sacerdozio. E la cosa è ancor più evidente se sorge, a somiglianza di Melchisedec, un altro Sacerdote che è stato fatto tale non a tenore di una legge dalle prescrizioni umane, ma in virtù della potenza di una vita indissolubile; poiché gli è resa questa testimonianza: « tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec » (Ebrei 7: 14-17). Invece, il sacerdozio di Aronne è stato, naturalmente, secondo l’ordine di Levi. Se l'autore può dimostrarci che Melchisedec agli occhi di Dio è più grande di Levi, egli ha raggiunto il suo scopo e lo prova in maniera notevole.
Nel cap. 7 degli Ebrei è detto che Abramo, un giorno, rientrando dalla battaglia dei Re (Genesi 14), offrì la decima del suo bottino a Melchisedec e fu da lui benedetto. Se Abramo offrì la decima a Melchisedec significa che Levi era meno importante di Melchisedec. Perché? II fatto che Abramo offrì la decima a Melchisedec significa che anche Isacco « in Abramo » la offrì a Melchisedec. Ma se ciò è vero, anche Giacobbe « in Abramo » fece la sua offerta a Melchisedec, ed a sua volta significa che anche Levi a « in Abramo » fece la sua offerta a Melchisedec. Ora, senza contraddizione, l’inferiore è benedetto dal superiore (Ebrei 7:7). Levi è in una posizione inferiore a quella di Melchisedec, e perciò il sacerdozio di Aronne è inferiore a quello del Signore Gesù. Levi al tempo della battaglia dei Re, non era stato ancora concepito, tuttavia egli era « nei lombi di suo padre Abramo » e, « per così dire, attraverso Abramo » egli fece la sua offerta (Ebrei 7:9-10).
Questo è appunto l’esatto significato del termine « in Cristo ».
Abramo, come capo della famiglia della fede, include in sé stesso l’intera famiglia. Quando egli fece la sua offerta a Melchisedec, l’intera famiglia fece quell'offerta in lui. Essi non offrirono separatamente come individui, ma essi erano in lui, perciò nel fare la sua offerta egli incluse in sé tutta la sua discendenza. Così ci è presentata una nuova possibilità. In Adamo tutti sono perduti. Attraverso la disobbedienza di un uomo noi fummo tutti costituiti peccatori. Per mezzo di lui entrò il peccato ed attraverso il peccato, la morte, ed attraverso tutta la razza il peccato ha regnato, da quel giorno in avanti, verso la morte. Ma ora un raggio di luce è stato gettato sulla scena. Attraverso l’ubbidienza di un Altro noi possiamo essere costituiti giusti. Dove il peccato abbondò, la grazia abbondò maggiormente, e come il peccato regnò dando la morte, così può la grazia regnare attraverso la giustizia dando la vita eterna per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore (Rom. 5: 19-21 ). La nostra disperazione è in Adamo; la nostra speranza è nel Cristo.
IL MEZZO DIVINO DELLA LIBERAZIONE
Iddio desidera certamente che questa considerazione ci guidi alla liberazione pratica dal peccato. Paolo ce lo mostra molto chiaramente quando inizia il cap. 6 della sua lettera ai Romani con questa domanda: « Che diremo dunque? Rimarremo noi nel peccato? » . Tutto il suo essere si ribella al solo pensiero di una simile possibilità. « Dio non voglia! » esclama. Come potrebbe un Dio Santo essere soddisfatto di avere dei figli impuri e incatenati al peccato? Così: « Come vivremo ancora nel peccato? » (Rom. 6: 1-2). Iddio ha dunque provveduto un mezzo potente ed efficace per liberarci dal dominio del peccato. Ma è questo il nostro problema; siamo nati peccatori, come possiamo eliminare la nostra eredità di peccato? Poiché siamo nati in Adamo, come possiamo uscire da Adamo? Lasciatemelo dire subito, il sangue di Cristo non ci può fare uscire da Adamo. Non ci resta che un solo mezzo. Poiché siamo entrati nella razza di Adamo attraverso la nascita, non potremo uscirne se non attraverso la morte. Per mettere fine alla nostra natura peccaminosa occorre mettere fine alla nostra vita. La schiavitù del peccato è venuta con la nascita; la liberazione dal peccato viene con la morte - e questo è precisamente il mezzo di liberazione che Iddio ha disposto. La morte è il segreto della liberazione. « Noi... siamo morti al peccato » (Romani 6:2).
Ma come possiamo morire? Molti di noi, forse, hanno fatto grandissimi sforzi per sbarazzarsi da questo stato di peccato, ma l’hanno trovato ancor più tenace. Quale sarà dunque, l’uscita? Non certo cercando di ucciderci, ma soltanto col riconoscere che Iddio ha risolto il nostro problema « in Cristo ». Questo è riassunto nella dichiarazione successiva dell'apostolo Paolo: « Noi tutti che siamo stati immersi in Cristo Gesù, siamo stati immersi nella sua morte » (Rom. 6:3). Ma se Iddio ha provveduto alla nostra morte « in Gesù Cristo », bisogna che noi siamo « in Lui » perché questo sia vero; e questo sembra un problema tanto difficile. Come possiamo noi essere collocati « nel Cristo? » . Anche qui Iddio viene in nostro soccorso. Infatti noi non possediamo alcun mezzo per assumere la nostra posizione in Cristo, ma ciò che è più importante, noi non abbiamo bisogno di cercare di farlo, perché siamo già « in Cristo ». Ciò che noi non potevamo fare da noi stessi, Iddio lo ha compiuto per noi. Ci ha messi nel Cristo. Lasciate che vi ricordi 1 Corinzi 1 :30. Credo che questo sia uno dei più preziosi versetti di tutto il Nuovo Testamento: « Voi siete in Cristo » . Come? « Per mezzo di lui (cioè "di Dio") voi siete in Cristo ».
Sia lodato Iddio! Non ci ha dato la preoccupazione di cercare un mezzo per essere « nel Cristo », né di procurarcelo. Non abbiamo bisogno di predisporre la nostra nuova posizione. Dio l’ha fatto per noi; e non soltanto ha predisposto la nostra posizione in Cristo, ma l’ha compiuta. « A lui voi dovete di essere in Cristo Gesù ». Siamo già nel Cristo; non abbiamo dunque bisogno di sforzarci d'esservi collocati. Questo è un fatto divino, ed è stato compiuto. Ora, se questo è vero, ne conseguono alcune cose. Nella dimostrazione di Ebrei 7, che abbiamo già considerato, abbiamo visto che « in Abramo » tutto Israele - e perciò Levi che non era ancora nato - offrì la decima a Melchisedec. Non offrirono separatamente o individualmente, ma erano in Abramo quando egli offerse, ed il suo offrire coinvolge tutta la sua progenie. Questa, allora è la vera figura di noi stessi «in Cristo». Quando il Signore Gesù era sulla Croce, noi tutti siamo morti - non individualmente perché non eravamo ancora nati - ma complessivamente siamo morti in lui perché eravamo in lui. « Uno solo morì per tutti, quindi tutti morirono » (2 Corinzi 5: 14). Quando Egli fu crocifisso, tutti noi fummo crocifissi, là con lui. Sovente quando si predica nei villaggi cinesi, bisogna usare esempi molto semplici per divine profonde verità. Ricordo che un giorno presi un libretto, misi in esso un pezzetto di carta, e dissi a quelle persone tanto semplici: « Adesso fate bene attenzione. Prendo un pezzetto di carta. Esso ha una sua identità completamente diversa dal libro. In questo momento non mi occorre e lo metto dentro il libro. Ora faccio qualcosa con questo libro. Lo spedisco a Shanghai. Non spedisco il pezzetto di carta, ma il pezzetto di carta è stato messo dentro il libro. Che cosa avviene al pezzetto di carta? Può il libro andare a Shanghai e il pezzetto di carta che vi è dentro restare qui? Il pezzetto di carta può avere una sorte diversa dal libro, se è dentro al libro? No! dove andrà il libro, andrà il pezzo di carta: Se lascio cadere il libro nel fiume anche il pezzetto di carta vi cadrà ugualmente, e se io lo riprendo prontamente salverò anche il pezzetto di carta. Qualunque cosa accada al libro, accadrà anche al pezzo di carta, perché il pezzo di carta è nel libro. « Così, per mezzo di Dio, voi siete in Cristo Gesù ».
Il Signore Iddio stesso ci ha messi nel Cristo, e ciò che ha fatto a Gesù Cristo, l’ha fatto all'umanità tutta. Il nostro destino è legato al suo. Ciò ch'Egli ha attraversato, noi l’abbiamo attraversato, perché « essere in Cristo » vuol dire essere identificati con lui nella sua morte e nella sua risurrezione. Egli è stato crocifisso: allora che cosa sarà di noi? Domanderemo a Dio di crocifiggere anche noi? Mai! Allorché il Cristo è stato crocifisso, noi siamo stati crocifissi; e poiché la sua crocifissione è già avvenuta, la nostra non può essere ancora da avvenire. Dubito possiate trovare nel Nuovo Testamento un sol testo in cui si dica che la nostra crocifissione deve ancora avvenire.
Tutti i riferimenti ad essa sono nella forma « aoristo » del verbo greco che indica quello che è successo
« una volta per sempre » quello che è avvenuto « eternamente nel passato » (vedi Rom. 6: 6; Gal. 2: 20; 5: 24; 6: 14). E come nessuno può uccidersi per mezzo della Croce, perché è materialmente impossibile, così anche dal punto di vista spirituale, Iddio non ci chiede di crocifiggere noi stessi. Siamo stati crocifissi quando il Cristo è stato crocifisso, perché Dio ci ha posti in lui. Il fatto che siamo morti in Cristo non è semplicemente una posizione dottrinale, ma una realtà eterna ed innegabile.
QUELLO CHE LA SUA MORTE E LA SUA RISURREZIONE RAPPRESENTANO E COMPRENDONO
Il Signore Gesù, quando morì sulla Croce, versò il suo sangue; donava così la sua vita senza peccato per espiare i nostri peccati e soddisfare la giustizia e la santità di Dio. Soltanto il Figlio di Dio poteva compiere quest'opera. Nessun uomo può aver parte in essa. Le Scritture non ci hanno mai detto che noi abbiamo versato il nostro sangue col Cristo. Nella sua opera espiatoria davanti a Dio, fu solo; nessun altro poté parteciparvi. Ma il Signore non è morto soltanto per versare il suo sangue; Egli è morto affinché noi potessimo morire. Egli è morto come nostro rappresentante. Nella sua morte ci abbraccia tutti, voi e me.Adoperiamo spesso i termini: « giustificazione » e « identificazione » per descrivere questi due aspetti della morte del Cristo.
Nella maggior parte dei casi la parola « identificazione » è esatta. Ma « identificazione » potrebbe far pensare che l’iniziativa sia nostra: che sia io che mi sforzo di identificarmi col Signore. Riconosco che il termine è appropriato, ma dovrebbe essere adoperato più innanzi. È meglio incominciare dal fatto che il Signore ha incluso me nella sua morte. È la morte inclusiva del Signore che mi dà modo di identificarmi; non sono io che mi identifico per essere incluso nella sua morte. Ciò che importa è che Dio mi ha incluso nel Cristo. È qualcosa ché Dio ha compiuto. Per questa ragione quelle due parole del Nuovo Testamento
« in Cristo », sono sempre tanto preziose al mio cuore. La morte del Signore Gesù ci abbraccia, ci lega.
La risurrezione del Signore Gesù è ugualmente inclusiva. Noi ci siamo fermati al primo capitolo della prima epistola ai Corinzi, per stabilire il fatto che siamo « in Gesù Cristo ». Adesso andremo alla fine di questa stessa epistola, per vedere più profondamente che cosa significa questo. In 1 Corinzi 15:45-47, due nomi o titoli interessanti sono adoperati per indicare il Signore Gesù. Egli è chiamato « l’ultimo Adamo » e ancora
« il secondo uomo ». Le Scritture non parlano di lui come del secondo Adamo, ma come: « dell'Ultimo Adamo » ; esse non parlano mai di lui come dell'ultimo uomo, ma come del « secondo uomo ». Bisogna sottolineare questa distinzione, perché essa conferma una verità di gran valore. Come ultimo Adamo, il Cristo riassume in sé tutta l’umanità; come secondo uomo diviene il capostipite di una nuova razza. Troviamo qui dunque, una doppia unione, una relativa alla sua morte e l’altra alla sua risurrezione. In primo luogo la sua unione con la razza come « l’ultimo Adamo » iniziò storicamente a Betlemme per terminare sulla Croce e nella tomba. Per essa Egli ha raccolto in sé stesso tutto ciò che era in Adamo per portarlo al giudizio e alla morte. In secondo luogo la nostra unione con lui come « secondo uomo » inizia dalla risurrezione per terminare nell'eternità - cioè per non terminare mai - perché avendo nella sua morte messo da parte il primo uomo, in cui il disegno di Dio non fu compiuto, Egli risorse come Capo di una nuova razza d'uomini, nella quale quel disegno sarà alfine pienamente realizzato. Così, allorché il Signore Gesù fu crocifisso sulla Croce, fu crocifisso come l’ultimo Adamo. Tutto ciò che era nel primo Adamo fu raccolto e distrutto in lui. Noi compresi. Come ultimo Adamo, ha cancellato la vecchia razza; e come secondo uomo, ha introdotto la nuova razza. Nella sua risurrezione Egli avanza come il secondo uomo, ed anche qui noi siamo compresi. « Perché se siamo divenuti una stessa cosa con lui per una morte somigliante alla sua, lo sarémo anche per una risurrezione simile alla sua » (Rom. 6:5).
Noi siamo morti in lui quando era l’ultimo Adamo; viviamo in lui ora che è il secondo uomo. La Croce è così la potenza di Dio che ci fa passare da Adamo al Cristo.
Continua...