Pagina 1 di 2

La vera vita cristiana

Inviato: mercoledì 18 agosto 2010, 23:22
da Juda87
LA VERA VITA CRISTIANA
"Non più io... ma Cristo"
di Watchman Nee
CAP. I
IL SANGUE DEL CRISTO


In che cosa consiste la vera vita cristiana? Faremmo bene a considerare questa domanda fin da adesso.
Lo scopo di questi studi è di dimostrare quanto essa sia differente dalla vita della maggior parte dei Cristiani. Infatti, una meditazione della Parola scritta di Dio - ad esempio, del Sermone sul Monte - dovrebbe spingerci a chiederci se una tale vita sia mai stata davvero vissuta sulla terra, fuorché dal Figlio di Dio stesso.
La risposta si trova proprio in quest'ultima affermazione.
L'apostolo Paolo ci dà la sua definizione della vita cristiana nella lettera ai Galati, al capitolo 2, verso 20: "Sono stato crocifisso col Cristo, e non sono più io che vivo, ma è il Cristo che vive in me". L'apostolo, qui, non espone una maniera di vivere particolare, un Cristianesimo ad alto livello; ma presenta semplicemente quello che Dio chiede ad ogni cristiano.
Dio ci rivela chiaramente nella sua Parola che Egli ha soltanto una risposta per ogni necessità umana: il suo Figliuolo Gesù Cristo. In ogni sua relazione con noi Egli opera mettendoci da parte e ponendo il Cristo al nostro posto.
Il Figlio di Dio è morto in vece nostra per il nostro perdono, e vive, in vece nostra, per la nostra liberazione. Possiamo così parlare di due sostituzioni: un Sostituto sulla Croce che ci procura il perdono, ed un Sostituto dentro di noi che ci assicura la vittoria. Saremo grandemente aiutati e protetti da molte confusioni, se ci ricorderemo sempre di questo fatto: Dio risolverà tutti i nostri problemi in un modo ed in un modo solo, cioè con la rivelazione sempre più profonda del suo Figliuolo.
IL NOSTRO DUPLICE PROBLEMA: I PECCATI ED IL PECCATO
Prenderemo come punto di partenza per il nostro studio sulla vera vita cristiana il grande insegnamento che ci è presentato nei primi otto capitoli dell'epistola ai Romani, ed affronteremo il nostro soggetto da un punto di vista pratico. Sarà utile, innanzitutto, far risaltare la divisione naturale di questo brano biblico in due parti, e considerare quelle che emergono nei soggetti trattati in ciascuna di esse.

I primi otto capitoli della lettera ai Romani costituiscono un tutto a sé stante. I primi quattro, coi versetti
1-11 del quinto, formano la prima parte, e gli altri tre capitoli e mezzo (5:12 - 8:39) formano la seconda parte di questo insieme. Una lettura attenta ci mostrerà che l'argomento trattato nella prima metà è diverso da quello trattato nella seconda. Per esempio, nella prima metà possiamo rilevare l'uso preponderante della parola "peccati" al plurale. Nella seconda metà, invece, non è più così, perché mentre la parola "peccati" appare soltanto una volta, la parola "peccato" al singolare si ripete molte volte e costituisce il principale soggetto trattato. Perché accade questo?
Perché nella prima parte si tratta dei peccati che io ho commesso davanti a Dio, peccati numerosi e che possono essere contati; mentre nella seconda il peccato viene preso in esame come il principio che opera in me. Qualunque sia il numero di peccati che io commetto, quello che agisce in me è sempre lo stesso principio di peccato. Ho bisogno di perdono per i miei peccati, ma ho anche bisogno di essere liberato dalla potenza del peccato. Il perdono concerne la mia coscienza, la liberazione concerne la mia vita.
Posso ricevere il perdono di tutti i miei peccati, ma, a causa del "mio" peccato non trovo pace duratura nel mio spirito.

Quando la luce di Dio è penetrata per la prima volta nel mio cuore, il mio primo desiderio è stato quello di essere perdonato, perché ho compreso di aver peccato davanti a Lui; ma dopo aver ricevuto il perdono dei peccati ho fatto una nuova scoperta, quella del peccato, e mi sono reso conto, non soltanto di aver commesso peccati davanti a Dio, ma che c'è qualche cosa di ingiusto in me.
Ho scoperto la mia natura di peccatore. Esiste in me una tendenza naturale al peccato, una potenza interiore che mi trascina al peccato. Quando questa forza malefica si manifesta, io commetto peccati. Posso cercare e ricevere il perdono, ma peccherò ancora. La mia vita continua così in un cerchio vizioso: pecco, sono perdonato, ma pecco di nuovo. Mi rallegro considerando la benedizione del perdono di Dio, ma mi occorre qualche cosa di più: mi occorre la liberazione. Ho bisogno del perdono per quello che ho fatto, ma ho bisogno anche di essere liberato da quello che sono.
IL DUPLICE RIMEDIO DI DIO: IL SANGUE E LA CROCE
Dunque gli otto primi capitoli dell'Epistola ai Romani ci presentano due aspetti della salvezza: prima il perdono dei nostri peccati, e poi la liberazione dal peccato. Ma ora, tenendo conto di questo fatto, dobbiamo considerare un'ulteriore differenza.

Nella prima parte di Romani 1-8 (versi da 1:1 a 5:11, N.d.T.) è fatta menzione per due volte del sangue del Signore Gesù, e cioè nel verso 3:25 e nel verso 5:9. Nella seconda parte (versi da 5:12 a 8:38, N.d.T.) è introdotta, al verso 6:6, un'idea nuova, quando ci vien detto che noi siamo stati "crocifissi" con Cristo.
Il soggetto trattato nella prima sezione, si concentra su quell'aspetto dell'opera del Signore Gesù, che è rappresentato dal "sangue" versato per la nostra giustificazione attraverso la "remissione dei peccati".
Questa terminologia non è però più adoperata nella seconda sezione, dove il soggetto si concentra sull'aspetto della sua opera, rappresentato dalla "Croce", cioè dalla nostra unione col Cristo nella sua morte, nella sua sepoltura e nella sua resurrezione. Questa distinzione ha un grande valore. Vedremo così che il sangue riguarda ciò che abbiamo fatto, mentre la Croce riguarda ciò che siamo. Il sangue cancella i nostri peccati, mentre la Croce colpisce all'origine la nostra natura peccaminosa. Quest'ultimo aspetto formerà la sostanza della nostra meditazione, nei capitoli che seguono.

Continua...

Re: La vera vita cristiana

Inviato: venerdì 20 agosto 2010, 10:16
da Juda87
IL PROBLEMA DEI NOSTRI PECCATI
Incominciamo, dunque, a considerare il sangue prezioso del Signore Gesù Cristo ed il suo valore per noi, in quanto cancella i nostri peccati e ci giustifica agli occhi di Dio. Questo aspetto ci è presentato nei seguenti passi:

"tutti hanno peccato" (Rom. 3:23).

"Dio dimostra la grandezza del suo amore per noi, in quanto ché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Tanto più, dunque, essendo ora giustificati per il suo sangue, saremo per mezzo di lui salvati dall'ira" (Romani 5:8-9).

"Sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù; il quale Iddio ha prestabilito come propiziazione mediante la fede nel sangue di lui, per dimostrare la sua giustizia, avendo Egli usato tolleranza verso i peccati commessi nel passato, al tempo della sua divina pazienza. Per dimostrare, dico, la sua giustizia nel tempo presente, ond'Egli sia giusto e giustificante colui che ha fede in Gesù" (Rom. 3:24-26).

Più avanti nel corso del nostro studio, avremo modo di soffermarci sulla vera natura della caduta e sul come esserne risollevati. Qui ricorderemo semplicemente che il peccato si rivelò come un atto di disobbedienza a Dio (Rom. 5:19). Dobbiamo ricordarci ora che la disobbedienza è immediatamente seguita dalla colpa.
Il peccato si manifesta dunque, come una disobbedienza e crea una separazione fra Dio e l'uomo, in seguito alla quale l'uomo viene respinto lontano da Dio. Dio non può più avere comunione con lui, perché è subentrato un ostacolo al quale la Scrittura dà il nome di "peccato". Così Dio stabilisce, prima di tutto, che: "Tutti sono sotto il peccato" (Rom. 3:9); quindi che il peccato, che d'ora innanzi costituisce un ostacolo alla comunione dell'uomo con Dio, dà origine nell'uomo ad un senso di colpa di allontanamento da Dio. Allora l'uomo, seguendo la sua coscienza risvegliata, dice: "Ho peccato" (Luca 15:18). Ma questo non è tutto, perché il peccato fornisce anche all'avversario una ragione di accusare l'uomo davanti a Dio, mentre il nostro senso di colpa gli dà ragione di accusarci nel nostro cuore, e lo rende così finalmente, l' "accusatore dei fratelli" (Apoc. 12: 10) che dice loro: "Voi avete peccato".

Era necessario, quindi, che il Signore Gesù, per introdurci nuovamente nel piano di Dio, compisse la sua opera nei riguardi di questi tre oggetti: il peccato, la colpa e l'accusa di Satana contro di noi. Bisognava, innanzi tutto, che i nostri peccati fossero cancellati, e questo fu compiuto dal prezioso sangue del Cristo. Bisognava poi che la nostra colpa fosse perdonata e che la nostra coscienza fosse tranquillizzata mediante la rivelazione del valore di quel sangue. Finalmente occorreva far fronte agli attacchi del nemico e rispondere alle sue accuse. Ci è mostrato, nelle Scritture, che il sangue del Cristo agisce efficacemente in queste tre direzioni: verso Dio, verso l'uomo e verso Satana.

Se vogliamo andare avanti dobbiamo assolutamente render nostre le virtù di quel sangue. Questa è la prima condizione essenziale. Dobbiamo avere una conoscenza fondamentale del fatto che il Signore Gesù è morto sulla Croce al nostro posto, ed una chiara comprensione dell'efficacia del suo sangue nel cancellare i nostri peccati. Se non abbiamo questa conoscenza non possiamo dire di esserci incamminati sulla nostra via.
Esaminiamo questi tre oggetti più da vicino.
PRIMA DI TUTTO IL SANGUE HA VALORE DINANZI A DIO
Il sangue è versato per l'espiazione ed è legato alla nostra posizione davanti a Dio. Per non cadere sotto il giudizio abbiamo bisogno di perdono per i peccati che abbiamo commessi, ed i nostri peccati ci sono perdonati, non perché Iddio chiuda gli occhi sul male che abbiamo commesso, ma perché Egli vede il sangue del suo Figliuolo. Il sangue non è dunque prima di tutto "per noi", ma "per Dio". Se io voglio conoscere il valore del sangue per me, debbo accettare tutto ciò che significa per Dio; se io non conosco il valore che ha il sangue per Dio, non conoscerò mai il valore che esso ha per me. Soltanto quando lo Spirito Santo mi avrà rivelato il prezzo che Dio attribuisce al sangue del Cristo, entrerà in me il beneficio della sua virtù ed io comprenderò il suo valore prezioso per me. Ma il primo aspetto del sangue è per Dio. Nell'Antico e nel Nuovo Patto, la parola "sangue" usata in connessione con l'idea di espiazione, è adoperata più di un centinaio di volte, ed è sempre presentata come avente valore davanti a Dio.

C'è nel calendario dell'Antico Testamento, un giorno che è in stretta relazione con l'argomento dei nostri peccati: è il giorno delle espiazioni. Nulla spiega questo problema dei peccati così bene quanto la descrizione di questo giorno. Nel capitolo 16 del Levitico leggiamo che, nel giorno delle espiazioni, il sangue era preso dalle offerte per il peccato e portato nel Luogo Santissimo per essere sparso sette volte davanti all'Eterno. Bisogna comprendere ciò molto chiaramente. In quel giorno, il sacrificio per i peccati era offerto pubblicamente nell'atrio del Tabernacolo. Tutto era fatto apertamente e poteva essere visto da tutti. Ma il Signore aveva ordinato severamente che nessuno entrasse nel Tabernacolo ad eccezione del Sommo Sacerdote. Egli solo prendeva il sangue dopo essere penetrato nel Luogo Santissimo e faceva l'aspersione davanti al Signore. Perché? Perché egli era figura del Signore Gesù nella sua opera redentrice. "Ma venuto Cristo, Sommo Sacerdote dei futuri beni, egli, attraverso il tabernacolo più grande e più perfetto, non fatto con mano, vale a dire, non di questa creazione, e non mediante il sangue di becchi e di vitelli, ma mediante il proprio sangue..." (Ebrei 9:11-12).

Così, nessun altro che il Sommo Sacerdote poteva avvicinarsi e penetrare nel Santuario. Inoltre egli entrava per compiere un unico gesto: presentare a Dio il sangue come un'offerta accettevole nella quale Iddio poteva trovare soddisfazione. Era una transazione fra il Sommo Sacerdote e Dio nel segreto del Luogo Santissimo, lontano dagli sguardi degli uomini che ne dovevano beneficiare. Il Signore lo richiedeva. Il sangue è, dunque, in primo luogo non "per noi", ma "per lui". Già prima abbiamo trovato descritta l'effusione di sangue dell'agnello Pasquale in Egitto per il riscatto d'Israele. "Io sono il Signore. Il sangue sulle case dove abitate vi servirà da segnale. Io vedrò il sangue e passerò oltre, e il flagello distruttore non vi toccherà quando io colpirò il paese d'Egitto" (Esodo 12:13). Quella è ancora, penso, una delle figure più chiare della nostra redenzione che si trovi nell'Antico Patto. Il sangue era messo sull'architrave e sugli stipiti delle porte, mentre le carni dell'agnello si mangiavano nell'interno della casa. E Dio disse: "Quando vedrò il sangue passerò oltre".
Abbiamo qui un'altra illustrazione del fatto che il sangue non deve essere presentato all'uomo, ma a Dio, perché il sangue era messo all'esterno della casa e quelli che celebravano la festa nell'interno non potevano vederlo.
DIO È SODDISFATTO
La santità di Dio e la giustizia di Dio richiedono che una vita senza peccato sia data per l'uomo. La vita è nel sangue e quel sangue deve essere versato per me a causa dei miei peccati. È Dio che lo domanda, Dio è colui che comanda che il sangue sia offerto, per soddisfare la sua giustizia; è lui stesso che dichiara: "Quando vedrò il sangue, passerò oltre". Il sangue di Cristo soddisfa pienamente Dio.

Vorrei qui indirizzare una parola ai miei più giovani fratelli nel Signore, perché è a questo punto che noi incontriamo sovente delle difficoltà. Prima di credere in Cristo, non siamo forse stati mai turbati nella nostra coscienza, finché la Parola di Dio non ha incominciato a risvegliarla. La nostra coscienza era morta e Dio non può fare certamente nulla con coloro la cui coscienza è morta. Ma più tardi, quando abbiamo creduto, la nostra coscienza risvegliata è divenuta estremamente sensibile e questo può costituire un vero problema per noi. Il sentimento di peccato e di colpa può divenire così grande, così terribile che può arrivare fino a paralizzarci, facendoci perdere di vista la vera efficacia del sangue. Ci sembra, allora, che i nostri peccati siano così reali, e qualche peccato in particolare può tormentarci così spesso da farci arrivare a credere che i nostri peccati siano più grandi del sangue di Cristo. Ora tutte le nostre difficoltà provengono da questo: provare a sentire il valore del sangue ed a stimare soggettivamente ciò che il sangue significa per noi. Ma non possiamo fare questo, perché non è così che si fanno le cose. È Dio che, prima di tutto, deve vedere il sangue. Poi, noi dobbiamo accettare subito il valore che Dio gli dà. Allora soltanto comprenderemo il valore che ha per noi. Se al contrario proviamo a valutarlo secondo il nostro modo di pensare non otteniamo nulla, restiamo al buio. È una questione di fede nella Parola di Dio, dobbiamo credere che il sangue di Cristo è prezioso davanti a Dio, perché Egli ha detto che lo è. "Non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi dai padri, ma col prezioso sangue di Cristo, come d'agnello senza difetto né macchia ben preordinato prima della fondazione del mondo, ma manifestato negli ultimi tempi per voi" (I Pietro 1:18-20).

Se Dio può accettare il sangue di Gesù come un'espiazione dei nostri peccati e come prezzo della nostra redenzione, possiamo essere certi che il debito è stato pagato. Se Dio è soddisfatto col sangue, vuol dire che il sangue è accettevole. Il valore che noi attribuiamo al sangue deve corrispondere a quello che gli attribuisce Dio, né più né meno. Non può essere certamente più alto, ma non deve essere nemmeno più basso. Ricordiamoci che Dio è santo e giusto, e che un Dio giusto e santo ha il diritto di dichiarare che il sangue di Cristo gli è gradito e lo ha soddisfatto pienamente.

Continua...

Re: La vera vita cristiana

Inviato: venerdì 20 agosto 2010, 10:33
da Venerabile Beda
Dice infatti la lettera agli Ebrei: "Non c'è perdono, senza spargimento di sangue".

Grazie al prezioso sangue di Cristo, sparso per la nostra salvezza, Dio ha potuto e può perdonare all'uomo...
Niente sangue sparso, niente perdono...
Ma il sangue è stato sparso... e non il sangue di un animale...
Ma il sangue del Figlio di Dio fatto uomo.
Quel sangue, benché unico, necessario e sufficiente, per la soddisfazione della Giustizia Divina, viene sin dagli albori del Cristianesimo, arricchito dal sangue dei martiri morti per testimoniare la fede, anche con il sangue... fino ad oggi...
Ma anche la sofferenza, ovvero l'accettazione della croce ("Chi vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua"), di fatto, acquisisce valore simbolico di sangue.
Tutto questo, grazie al sangue di Cristo, diventa purificazione, perdono e salvezza.

Re: La vera vita cristiana

Inviato: sabato 21 agosto 2010, 10:06
da Juda87
LA VIA PER LA QUALE IL CREDENTE VA A DIO
Il sangue di Gesù ha soddisfatto Dio, ma deve soddisfare anche noi. Ha, dunque, un secondo valore, che è per l'uomo, in quanto purifica la nostra coscienza. Meditando sull'epistola agli Ebrei troviamo quello che ha fatto il sangue. Ci ha procurato "il cuore asperso e purificato dalla mala coscienza" (Ebrei 10:22).
Ciò è molto importante. Consideriamo attentamente quello che è scritto. L'autore non ci dice soltanto che il sangue del Signore Gesù purifica il nostro cuore; non si ferma a questa dichiarazione.
È un errore mettere in relazione il cuore con il sangue in questo modo. Mostriamo di non comprendere la sfera nella quale opera il sangue, quando preghiamo: "Signore, purifica il mio cuore dal peccato col tuo sangue" ; il cuore, Iddio dice, è "insanabilmente maligno" (Geremia 17:9).
Dio deve fare dunque qualcosa di più fondamentale che purificarlo: Egli deve darci un cuore nuovo.
Noi non penseremo mai di lavare e stirare qualche cosa che sia da gettar via. Come vedremo un po' più avanti, la "carne" è troppo corrotta per essere purificata: essa deve essere crocifissa.
L'opera di Dio in noi dev'essere qualcosa di completamente nuovo. "Io vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo" (Ezechiele 36:26). No, io non trovo nessun passo in cui si dichiari che il sangue di Cristo purifica il cuore. La sua opera non è soggettiva in questo senso, ma interamente oggettiva, davanti a Dio. È vero che l'opera di purificazione del sangue, secondo Ebrei 10, tocca il nostro cuore, ma è in relazione con la coscienza. "Avendo il cuore purificato dalla mala coscienza": che cosa significa? Significa che un ostacolo si è introdotto fra me e Dio, creando in me una mala coscienza che avverto ogni qualvolta cerco di accostarmi a lui. Essa mi ricorda costantemente la barriera che si è creata fra me e lui. Ma adesso, l'opera del sangue prezioso ha tolto quella barriera, e Dio mi ha fatto conoscere questo fatto mediante la sua Parola.
Allorché ho creduto e accettato Cristo, la mia coscienza è stata purificata ed il mio senso di colpa è sparito; non ho più una cattiva coscienza davanti a Dio.

Ognuno di noi sa quanto è prezioso avere, nella nostra relazione con Dio, una coscienza pura da ogni macchia di peccato. Sì, un cuore pieno di fede e una coscienza affrancata da tutte le accuse sono due cose essenziali per noi, e l'una accompagna l'altra. Quando perdiamo la pace della coscienza, la nostra fede fa naufragio, e sentiamo subito che non ci è possibile avvicinarci a Dio. Ma per poter continuare a camminare con Dio dobbiamo conoscere sempre il valore attuale del sangue. Dio tiene una contabilità molto precisa, ed è per il sangue di Cristo che noi possiamo ogni giorno, ogni ora ed ogni minuto accostarci a lui. Il sangue non perde mai la sua efficacia come nostra base d'accesso al trono della grazia, purché ci affidiamo interamente ad esso. Allorché entriamo nel Luogo Santissimo, su quale fondamento oltre che su quello del sangue oseremmo noi appoggiarci?
Io debbo pormi questa domanda: cerco veramente di andare a Dio attraverso il sangue, o faccio affidamento su qualche altra cosa? Che cosa intendo quando dico: "attraverso il sangue" ? Voglio dire semplicemente che io riconosco i miei peccati, che so d'aver bisogno di purificazione e di espiazione, e che mi accosto a Dio appoggiandomi solo sui suoi meriti, e mai confidando nelle mie forze; mai, per esempio; fondandomi sul fatto d'essere stato particolarmente amabile o paziente durante la giornata, o d'avere fatto qualcosa per il Signore questa mattina. Devo avvicinarmi a Dio sempre per la via del sangue del suo Figliuolo. La tentazione, per molti di noi, quando vogliamo accostarci a Dio è di pensare che, poiché Dio ha agito in noi, ci ha fatto conoscere qualche cosa di più su di lui e ci ha aperto gli occhi su lezioni più profonde riguardo alla Croce, ha messo così davanti a noi nuove norme di vita, e solamente attenendoci ad esse possiamo avere una coscienza pura davanti a lui.
No! Una coscienza pura non è mai basata su una vittoria che abbiamo riportato; essa può essere stabilita soltanto sull'opera che il Signore Gesù ha compiuto versando il suo sangue.
Posso sbagliarmi, ma ho l'impressione molto forte che qualcuno di noi abbia forse dei sentimenti come questi: "oggi sono stato più attento; oggi ho agito un po' meglio; questa mattina ho letto la Parola di Dio in modo più raccolto, in modo che oggi posso meglio pregare!" o, ancora: "oggi ho avuto certe difficoltà con la mia famiglia, ho incominciato la giornata essendo di cattivo umore, sgarbato, ed ora non mi sento tanto a mio agio; sembra che qualcosa non vada; non posso, perciò, accostarmi a Dio".

Qual’ è, infine, la base sulla quale vi accostate a Dio? Venite a lui sul fondamento incerto dei vostri sentimenti, pensando di aver potuto fare oggi qualche cosa per lui? Oppure vi appoggiate su di un fondamento molto più sicuro, e cioè sul fatto che il sangue è stato versato e che, vedendo quel sangue, Dio è soddisfatto? Naturalmente se fosse stato possibile concepire che la virtù del sangue potesse essere cambiata, la base sulla quale ci avviciniamo a Dio sarebbe meno degna di fiducia. Ma la virtù del sangue non è mai cambiata e non cambierà mai. Possiamo, dunque, sempre accostarci a Dio con sicurezza e questa sicurezza la otteniamo attraverso il sangue, e mai per i nostri meriti personali. Qualunque sia la misura dei nostri meriti oggi, ieri o avant'ieri, appena ci accostiamo con piena coscienza al luogo tre volte santo, bisogna che immediatamente ci appoggiamo sul terreno sicuro ed unico del sangue versato. Che abbiamo una giornata buona o una giornata cattiva, che abbiamo peccato consapevolmente o no, il fondamento sul quale ci accostiamo a Dio resta lo stesso: il sangue del Cristo. Il fatto che questo sangue è gradito a Dio rimane la sola base sulla quale possiamo entrare in sua presenza; non ne esistono altre.

Come in molte altre tappe della nostra esperienza cristiana, questo fatto dell'accesso a Dio è composto di due fasi, una iniziale ed una successiva. La prima ci è presentata in Efesini 2 e la seconda in Ebrei 10. All'inizio, la nostra posizione davanti a Dio è assicurata per il sangue, perché noi siamo stati "avvicinati per il sangue di Cristo" (Efesini 2: 13). Ed anche in seguito la base del nostro continuo accesso a Dio sussiste ancora nel sangue; perciò l'apostolo ci esorta così: "Avendo dunque libertà d'entrare nel Santuario in virtù del sangue di Gesù... accostiamoci" (Ebrei 10: 19-22). Per incominciare sono stato riavvicinato per il sangue, e per continuare in questa nuova relazione con Dio debbo sempre ricorrere al sangue. Non è che sia stato salvato su una certa base e che mantenga, dopo, la mia comunione con Dio su un'altra base. Voi direte: "Ciò è molto semplice; è l'ABC dell'Evangelo". Sì, ma purtroppo sta di fatto che molti di noi si sono allontanati da questo ABC. Abbiamo pensato di aver fatto progressi e di averlo così superato, ma non possiamo mai fare questo. No, io mi sono avvicinato a Dio la prima volta attraverso il sangue e ogni volta che mi presento a lui è con lo stesso mezzo. Fino alla fine, sarà così sempre e unicamente sulla base del sangue di Cristo.
Questo non significa affatto che dobbiamo vivere una vita noncurante; studieremo infatti più avanti un altro aspetto della morte del Cristo, che ci mostrerà qualcosa di completamente diverso. Ma per il momento, contentiamoci del sangue che è con noi ed è sufficiente. Possiamo essere deboli, ma considerando la nostra debolezza non diventeremo mai forti. Nemmeno cercando di sentire la nostra miseria e facendo penitenza saremo resi più santi. Non troveremo nessun aiuto in questo senso. Abbiamo dunque il coraggio di accostarci a Dio confidando nel sangue, e diciamo: "Signore, io non conosco bene il valore del sangue, ma so che il sangue ti ha soddisfatto, perciò il sangue mi basta, ed è il mio solo rifugio. Vedo ora che, abbia io fatto dei progressi o no, che sia pervenuto a qualche cosa o no, non posso mai presentarmi davanti a te se non sul fondamento del sangue prezioso". Allora la nostra coscienza sarà realmente libera davanti a Dio. Nessuna coscienza potrà mai essere purificata al di fuori del sangue. È il sangue che ci dà la sicurezza davanti a Dio; "non avendo più gli adoratori, una volta purificati, alcuna coscienza di peccati" questa è la potente espressione di Ebrei 10:2. Siamo purificati da ogni peccato; possiamo fare eco con Paolo alle parole di David: "Beato l'uomo a cui il Signore non imputa il peccato" (Romani 4:8).
LA VITTORIA SULL'ACCUSATORE
Dopo tutto ciò che abbiamo considerato, possiamo ora affrontare il nemico, perché c'è un altro aspetto della virtù del sangue, quella che riguarda Satana.
L'attività più viva di Satana in questo tempo consiste nell'essere egli l'accusatore dei credenti:
"È stato gettato giù l'accusatore dei nostri fratelli che li accusava giorno e notte dinanzi all'Iddio nostro" (Apocalisse 12: 10). È in questa sua azione che il nostro Signore lo affronta con il suo ministero particolare di Sommo Sacerdote, "per mezzo del suo proprio sangue" (Ebrei 9: 12).
Qual è, dunque, l'opera del sangue contro Satana? Essa consiste nel porre Dio dalla parte dell'uomo contro di lui. La caduta ha prodotto nell'uomo una condizione che ha permesso all'avversario di entrare in contatto con lui, col risultato di costringere Dio a ritirarsi. L'uomo è ormai fuori del giardino di Eden, non può più vedere la gloria di Dio : "tutti hanno peccato, e son privi della gloria di Dio" (Rom. 3 :23), perché, interiormente, l'uomo è divenuto estraneo a Dio. In conseguenza di ciò che l'uomo ha fatto, c'è ora qualche cosa in lui che rende impossibile a Dio difenderlo finché l'ostacolo non sia tolto. Ma il sangue di Cristo ha tolto questa barriera; restituisce l'uomo a Dio e Dio all'uomo. L'uomo è ora sotto la protezione divina, e poiché Dio è vicino a lui, egli può senza timore far fronte a Satana.

Voi ricorderete quel verso della prima epistola di Giovanni e questa è la traduzione che preferisco:
"Il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato" (1 Giovanni 1:7).
Non è esattamente "tutti i peccati" nel senso generale, ma ogni peccato, ognuno dettagliatamente.
Che cosa significa ciò? È una cosa meravigliosa! Dio è nella luce, e se camminiamo nella luce con lui, tutto è esposto e scoperto davanti a questa luce, così che Dio può vedere tutto perfettamente, mentre il sangue di Cristo può purificarci da ogni peccato. Quale purificazione! Questo non significa che io non conosca profondamente me stesso, o che Dio non mi riconosca perfettamente.
Non è che io cerchi di nascondere qualche cosa, né che io cerchi di non vederlo. No, avviene che Egli è nella luce, che anche io sono nella luce e che là il sangue prezioso mi purifica da ogni peccato. Il sangue è in grado di fare questo!
Qualcuno oppresso dalla sua debolezza potrebbe essere tentato di pensare che ci siano peccati imperdonabili. Ricordiamo allora queste parole: "Il sangue di Gesù Cristo, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato". Grandi peccati, piccoli peccati, peccati che possono sembrare tanto neri e peccati che non sembrano così gravi, peccati che io penso possano essere perdonati e peccati che mi sembrano imperdonabili, si, tutti i peccati, coscienti o incoscienti, quelli che mi ricordo come quelli che ho dimenticato, sono contenuti in queste parole: "ogni peccato". "Il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato". E lo può fare perché in primo luogo soddisfa il Padre.
Poiché Dio, che vede tutti i nostri peccati alla luce, li può perdonare a motivo del sangue, quale fondamento d'accusa rimane a Satana? Satana ci può accusare davanti a Dio, ma "se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?" (Rom. 8:31).
Iddio gli mostra il sangue del suo Figlio diletto e questa è la risposta sufficiente alla quale Satana non può replicare in alcun modo. "Chi accuserà gli eletti di Dio? Iddio è quello che li giustifica. Chi sarà quel che li condanni? Cristo Gesù è quel che è morto; e più che questo, è risuscitato; ed è alla destra di Dio; ed anche intercede per noi" (Rom. 8:33-34). Abbiamo dunque ancora bisogno di riconoscere l'efficacia assoluta del sangue prezioso. "Venuto Cristo, Sommo Sacerdote dei futuri beni... mediante il suo proprio sangue è entrato una volta per sempre nel santuario, avendo acquistato una redenzione eterna" (Ebrei 9:11-12).

Egli è stato Redentore una volta, ed è ora, da quasi duemila anni, Sommo Sacerdote ed Avvocato. Egli sta alla presenza di Dio ed è la "propiziazione per i nostri peccati" (1 Giov. 2:1). Notiamo bene le parole di Ebrei 9:14: "Quanto più il sangue di Cristo... purificherà la vostra coscienza...". Queste parole sottolineano l'efficacia perfetta del suo ministero, che è sufficiente davanti a Dio. Quale dovrà dunque essere il nostro atteggiamento riguardo a Satana? Questa domanda è importante perché il nemico ci accusa non soltanto davanti a Dio, ma anche nella nostra propria coscienza. "Tu hai peccato e continui a peccare. Tu sei debole, e Dio non può fare più niente per te". Queste sono le armi di cui si serve Satana.
Allora siamo tentati di guardare dentro di noi, per cercare di trovare in noi stessi, nei nostri sentimenti o nella nostra condotta, una ragione di credere che Satana ha torto; oppure siamo tentati di riconoscere la nostra debolezza e, andando all'altro estremo, di abbandonarci allo scoraggiamento e alla disperazione. L'accusa diventa così un'arma di Satana e la più forte ed efficace. Ci fa vedere i nostri peccati e cerca di accusarci davanti a Dio, e se noi riconosciamo la fondatezza delle sue accuse cadiamo subito nella disperazione. Ora, la ragione per la quale accettiamo così facilmente le accuse di Satana è che speriamo ancora di trovare qualche giustizia in noi. Ma il fondamento della nostra speranza è falso e così l'avversario ha raggiunto il suo scopo, che consiste nel farci guardare nella direzione sbagliata dandogli così modo di renderci inabili a resistere. Ma se abbiamo imparato a non confidare nella carne, non saremo stupiti quando saremo caduti in qualche peccato, perché la natura stessa della carne è peccato. Comprendete ciò che voglio dire? Perché non siamo ancora arrivati a conoscere la nostra vera natura, ed a vedere quanto siamo impotenti, abbiamo ancora qualche fiducia in noi stessi, e siamo allora schiacciati dalle accuse di Satana. Dio ha la potenza di regolare la questione dei nostri peccati, ma non può fare niente per un uomo che si trovi sotto accusa, fino a che quest'uomo non mette la sua fiducia nel sangue di Cristo. Il sangue parla in suo favore, ma l'uomo invece presta orecchio a Satana. Il Cristo è il nostro avvocato, ma noi, gli accusati, sediamo a fianco del nostro accusatore. Non abbiamo compreso che siamo degni soltanto della morte; che, come vedremo subito, possiamo solo essere crocifissi in ogni modo. Non abbiamo compreso che soltanto Dio può rispondere all'accusatore e che lo ha già fatto col sangue prezioso del suo Figliuolo. La nostra salvezza consiste nel volgere lo sguardo al Signore Gesù, e nel vedere che il sangue dell'Agnello ha affrontato tutta la situazione generata dal nostro peccato e l'ha risolta.

Questo è il fondamento sicuro sul quale possiamo contare. Non dovremmo mai cercare di rispondere a Satana con la nostra buona condotta, ma sempre col sangue di Gesù. Sì, siamo peccatori - ma sia lodato Iddio! - il sangue ci purifica da ogni peccato. Dio guarda il sangue per il quale il Figlio suo ha risposto all'accusa, e Satana non ha più nessuna base per attaccarci. La nostra fede nel prezioso sangue ed il nostro rifiuto di abbandonare questa sicura posizione, possono da soli ridurre al silenzio le accuse di Satana e metterlo in fuga.
"Chi accuserà gli eletti di Dio? Iddio è quel che li giustifica. Chi sarà quel che li condanni? Cristo Gesù è quel ch'è morto; e più che questo è risuscitato; ed è alla destra di Dio, ed anche intercede per noi"
(Rom. 8:33-34).
E sarà così sino alla fine: "Ma essi lo hanno vinto a cagione del sangue dell'Agnello e a cagione della parola della loro testimonianza; e non hanno amato la loro vita, anzi l'hanno esposta alla morte" (Apoc. 12:11). Quale liberazione sarebbe per noi discernere meglio il valore che ha agli occhi di Dio il sangue prezioso del suo Figliuolo diletto!

Continua...

Re: La vera vita cristiana

Inviato: lunedì 23 agosto 2010, 9:14
da Juda87
CAP. II
LA CROCE DEL CRISTO


Abbiamo visto che gli otto primi capitoli dell'epistola ai Romani si possono dividere in due parti.
Ci è mostrato nella prima parte, che il sangue agisce a seconda di ciò che noi abbiamo fatto; mentre, nella seconda parte, vedremo che la Croce (1) agisce a seconda di ciò che siamo. Abbiamo bisogno del sangue di Gesù per il perdono; e abbiamo bisogno della Croce per essere liberati. Abbiamo trattato brevemente nelle pagine precedenti il primo aspetto e ci fermeremo ora sul secondo; ma prima di farlo considereremo ancora qualche altro passo importante riguardante tutta questa sezione che sottolinea la differenza fra il soggetto trattato e i pensieri seguiti in queste due parti.

(1) L'autore qui, ed attraverso questo studio, usa il termine « la Croce » in un senso particolare. Molti lettori conosceranno bene l’uso corrente della espressione « la Croce » per significare, in primo luogo, l’intera opera redentrice compiuta storicamente nella morte, nella sepoltura, nella risurrezione e nell'ascensione del Signore Gesù stesso (Fil. 2:8-9); ed, in secondo luogo, con un senso più vasto, l’unione dei credenti con lui attraverso la grazia (Romani 6:4) (Ef. 2:5-6). Dal punto di vista di Dio, in questo uso del termine, la funzione de « il sangue » in relazione al perdono dei peccati (come trattato nel capitolo precedente) è chiaramente inclusa (con tutto ciò che segue in questo studio) come una parte dell'opera della Croce.
In questo e nei seguente capitoli, tuttavia, l’autore è stato costretto, per mancanza di un termine di alternativa, ad usare a la Croce ~ in un senso dottrinale molto più particolare e limitato, al fine di tracciare una utile distinzione vale a dire. quella tra sostituzione ed identificazione, come essendo, da un punto di vista umano, due aspetti separati della dottrina della redenzione.
Perciò il nome dell'intero è necessariamente usato per una delle sue parti. II lettore lo dovrà tenere presente in ciò che seguirà (Ed.).

QUALCHE ALTRA DISTINZIONE
Due aspetti della risurrezione sono menzionati nelle due parti, con riferimento ai capitoli 4 e 6. Nell'epistola ai Romani, 4:25, la risurrezione del Signore Gesù è legata alla nostra giustificazione: « Gesù si è dato per le nostre offese ed è risuscitato per la nostra giustificazione ». L'oggetto in vista in questo passo è la nostra posizione davanti a Dio. Ma in Romani 6:4 la nostra risurrezione ci è mostrata come il dono di una nuova vita, in vista di un cammino santificato: « Affinché come Cristo è risuscitato... così anche noi camminassimo in novità di vita » . La parola che è qui davanti a noi riguarda il nostro cammino davanti a Dio. D'altra parte si parla della pace nei capitoli 5 e 8. Romani 5 parla della pace con Dio che è il frutto della giustificazione mediante la fede nel suo sangue: « Giustificati dunque, per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore » (Rom. 5:1). Ciò significa che avendo io ricevuto il perdono dei miei peccati, Iddio non sarà più per me oggetto di terrore e di angoscia. Io che ero nemico di Dio, sono stato « riconciliato con lui per la morte del suo Figliuolo » (Rom. 5: 10). Però, ben presto, mi accorgo che sono per me stesso un soggetto di gran tormento. C'è ancora dell’incertezza in me, perché c'è in fondo al mio « io » qualcosa che mi spinge a peccare. Ho la pace con Dio, ma non ho la pace in me stesso. C'è, in effetti, la guerra nel mio cuore. C'è una descrizione ben chiara in Romani 7, dove la carne e lo spirito hanno scatenato un conflitto mortale in me. Ma partendo da qui, la Parola ci conduce al cap. 8, alla pace interiore per il cammino secondo lo spirito. « Gli impulsi che nascono dalla carne producono la morte, poiché sono inimicizia contro Dio, mentre quelli che provengono dallo spirito producono la vita e la pace » (Rom. 8: 6-7) (tr. lett.).
Proseguendo ancora nel nostro studio vediamo che la prima metà della seconda sezione tratta in generale la questione della giustificazione. Vedere per esempio: « Sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù; il quale Iddio ha prestabilito come propiziazione mediante la fede nel sangue d'esso, per dimostrare la sua giustizia, avendo Egli usato tolleranza verso i peccati commessi in passato al tempo della sua divina pazienza; per dimostrare, dico, la sua giustizia nel tempo presente, ond'Egli sia giusto e giustificante colui che ha fede in Gesù » (Romani 3 :24-26).
Ed ancora: « A chi non opera ma crede in colui che giustifica l’empio, la sua fede gli è messa in conto di giustizia... per noi che crediamo in Colui che ha risuscitato dai morti Gesù, nostro Signore, il quale è stato dato a cagione delle nostre offese, ed è risuscitato a cagione della nostra giustificazione »
(Rom. 4:5, 24-25).

La seconda metà della sezione trattata, ha invece, come soggetto principale, l’interrogativo corrispondente alla santificazione. Infatti, in Romani 6: 19 e 22 è detto: « poiché, come già prestaste le vostre membra a servizio dell'impurità e dell'iniquità per commettere l’iniquità, così prestate ora le vostre membra a servizio della giustizia, per la vostra santificazione... Ma ora, essendo stati affrancati dal peccato e fatti servi a Dio, voi avete per frutto la vostra santificazione e per fine la vita eterna » . Allorquando conosciamo la preziosa verità della giustificazione per fede, conosciamo soltanto la metà. Abbiamo risolto soltanto il problema della nostra posizione davanti a Dio ma, a misura che avanziamo nella conoscenza, Dio ha qualche cosa di più da offrirci; cioè la soluzione del problema della nostra condotta. Lo sviluppo del pensiero, in questi capitoli dell'epistola ai Romani, sottolinea l’importanza di questo punto. Il secondo passo è il risultato del primo e se noi ci siamo fermati al primo, abbiamo una vita cristiana ancora imperfetta, o al disotto del normale.
Come possiamo, dunque, vivere una vita cristiana normale? Come potremo fare? Bisogna, naturalmente, incominciare col risolvere il perdono dei peccati; occorre la giustificazione e la pace con Dio: questo costituisce il fondamento indispensabile. Ma una volta stabilita questa base col nostro primo atto di fede nel Cristo, risulta chiaro, da quanto precede, che dobbiamo avanzare verso qualche cosa di più. Così noi vediamo che il sangue ha effetto sui nostri peccati. Il Signore Gesù li ha portati al nostro posto sulla croce, come nostro sostituto, ed ha così ottenuto per noi il perdono, la giustificazione e la riconciliazione. Ma dobbiamo, ora, fare un passo avanti nella conoscenza del piano di Dio per comprendere come agisce sul principio del peccato che è in noi. Il sangue può cancellare i miei peccati, ma non può sopprimere il mio « vecchio uomo ». Bisogna che la Croce lo faccia morire. Il sangue mette da parte i peccati, ma occorre la Croce per mettere da parte il peccatore.

Incontreremo raramente la parola: « peccatore » nei primi quattro capitoli dell'epistola ai Romani, perché non è il peccatore che è principalmente in vista, ma piuttosto il peccato che ha commesso.
La parola « peccatore » appare per la prima volta al cap. 5 soltanto, ed è importante osservare come vi sia introdotta l’idea del peccatore. È detto in questo capitolo che il peccatore è tale perché è nato peccatore e non perché ha commesso dei peccati. La differenza è importante. È vero che spesso, per convincere l’uomo della strada di essere un peccatore, il servitore del Signore si serve del passo ben conosciuto di Romani 3:23, dove è detto che « tutti hanno peccato » ; ma l’uso di questo testo non è strettamente d'accordo con le Scritture. I versetti che si utilizzano così comunemente possono, a volte, mettere in pericolo l’interpretazione e condurre ad una errata conclusione. In effetti, l’epistola ai Romani non insegna che noi siamo peccatori perché commettiamo dei peccati, ma che, pecchiamo perché siamo peccatori. Siamo peccatori per natura, piuttosto che per il nostro comportamento. Come dichiara Romani 5: 19: « per la disubbidienza di un solo uomo, i molti sono stati costituiti peccatori ». Noi, come siamo stati resi peccatori? Per la disubbidienza di Adamo. Noi non diventiamo peccatori per quello che abbiamo fatto, ma a causa di ciò che Adamo ha fatto e di ciò che è diventato. Io parlo l’inglese, ma ciò non fa di me un inglese. Io sono in realtà un cinese. Così il cap. 3 attira la nostra attenzione su ciò che abbiamo fatto. « Tutti hanno peccato », ma non è perché abbiamo peccato che siamo diventati dei peccatori. Posi un giorno questa domanda ad una classe di scolari:
« Chi è un peccatore? ». La loro risposta immediata fu: « Colui che pecca ». Sì, colui che pecca è un peccatore, ma il fatto che egli pecca è semplicemente la prova ch'egli è già un peccatore, non ne è la causa. Colui che pecca è un peccatore, ma è altrettanto vero che colui che non pecca, se è della razza di Adamo, è ugualmente un peccatore e ha bisogno di redenzione. Mi seguite? Ci sono cattivi peccatori e ce ne sono anche dei buoni; ci sono peccatori « morali » e ci sono peccatori « corrotti »; ma tutti sono ugualmente peccatori. Noi pensiamo, a volte, che se non avessimo fatto certe cose tutto andrebbe meglio; ma il male è nascosto molto più profondamente che in ciò che abbiamo commesso: è dentro di noi. Un cinese può essere nato in America e incapace di dire una parola di cinese, ciò non toglie che resti un cinese per il fatto ch'egli è nato cinese. È la nascita, l’origine che conta. Così, io sono un peccatore perché sono nato in Adamo. Non è per la mia condotta, ma per la mia eredità, per la mia discendenza. Non sono un peccatore perché pecco, ma pecco perché discendo da un ceppo malvagio. Io pecco perché sono un peccatore. Noi siamo inclini a pensare che ciò che abbiamo commesso è molto cattivo, ma che noi non siamo poi tanto cattivi. Ma il Signore vuol farci comprendere che la nostra natura è malvagia, fondamentalmente malvagia. La radice del male è il peccato; bisogna agire su di lui. I nostri peccati sono lavati dal sangue, ma quanto a noi stessi dobbiamo morire sulla Croce. Il sangue ci assicura il perdono per ciò che abbiamo fatto; la Croce ci assicura la liberazione da ciò che siamo.
LA CONDIZIONE NATURALE DELL'UOMO
Siamo così arrivati a Romani 5:12:
« Perciò, siccome per mezzo di un sol uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato è entrata la morte - e in questo modo la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato... ».
In questo grande brano, la grazia è messa in contrasto con il peccato, e l’obbedienza di Cristo è opposta alla disobbedienza di Adamo. Questo passo sta all'inizio della seconda parte della lettera ai Romani (da 5:12 a 8:3) che, ora, ci occuperà più particolarmente e il soggetto che qui è trattato, conduce da una conclusione che sarà la base di tutte le meditazioni che seguiranno. Qual è questa conclusione? La troviamo al versetto 19, citato sopra: « poiché, siccome per la disubbidienza di un solo uomo, i molti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’ubbidienza di un solo, i molti saranno costituiti giusti ». Lo Spirito di Dio cerca qui di mostrarci come eravamo prima e come siamo divenuti poi.

All'inizio della nostra vita cristiana siamo preoccupati delle nostre azioni e non della nostra natura; siamo rattristati più da quello che abbiamo commesso che non da quello che siamo. Immaginiamo che se potessimo solo riparare a certe azioni potremmo essere dei buoni cristiani e ci sforziamo, quindi, di cambiare il nostro modo d'agire. Ma il risultato non è quello che speravamo. Ci accorgiamo con scoramento che il male non proviene solo dalle difficoltà esteriori, ma che c'è, in effetti, una causa più grave nell'interiore. Noi desideriamo piacere al Signore, ma troviamo in noi qualche cosa che non desidera piacergli. Cerchiamo di essere umili, ma c'è qualcosa nella nostra natura che rifiuta l’umiltà. Desideriamo amare, ma non c'è amore in noi. Sorridiamo e cerchiamo di apparire molto gentili, ma intimamente sentiamo di essere lontani dalla vera bontà. Più cerchiamo di correggere i nostri atti esteriori, più ci accorgiamo quanto profonde siano le radici del male. Allora, andiamo al Signore e gli diciamo: « Signore, adesso vedo! Non solo ciò che faccio è male; ma io stesso sono malvagio ».

La conclusione di Romani 5:19 incomincia ad illuminare il nostro cuore. Siamo peccatori. Siamo membri d'una razza di creature che, per la loro costituzione sono molto diverse da quello che Iddio aveva voluto.
A causa della caduta, un cambiamento fondamentale si produsse nel carattere di Adamo, che lo fece divenire un peccatore, un uomo incapace, per natura, di piacere a Dio; e la rassomiglianza di famiglia che noi portiamo, non è semplicemente superficiale, ma abbraccia interamente la nostra natura interiore. Siamo stati « costituiti peccatori ». Come siamo arrivati a questo? « Per la disobbedienza d'un solo » dice l’Apostolo.
Permettetemi d'illustrare questo fatto con un'analogia. II mio nome è Nee. È un nome cinese molto comune. Come l’ho ricevuto? Non l’ho scelto io. Non ho esaminato la lista dei nomi cinesi per prendermi questo. Il fatto che il mio nome sia Nee, non dipende affatto da me, e nemmeno posso far nulla per cambiarlo. Io sono un Nee, perché mio padre era un Nee, e mio padre era un Nee perché mio nonno era un Nee, ecc... Se io agisco come un Nee sono un Nee, e se non agisco come un Nee, sono ugualmente un Nee. Se io diventassi Presidente della Repubblica cinese sarei un Nee, e se diventassi un mendicante sarei sempre un Nee. Nulla di ciò ch'io faccia o mi astengo dal fare, potrà far di me altro che un Nee. Noi siamo peccatori non a causa di noi stessi, ma a causa di Adamo. Io sono un peccatore non perché pecco individualmente, ma perché io ero in Adamo quando egli peccò. Poiché discendo da Adamo, sono una parte di lui. E, per di più, non posso fare niente per cambiare tutto ciò. Nemmeno migliorando la mia condotta posso fare di me stesso altra cosa che non sia un parte di Adamo, perciò un peccatore.

Un giorno in Cina parlavo su questo soggetto e feci questa affermazione: « Noi abbiamo tutti peccato in Adamo ». Un uomo disse: « non capisco ». Io cercai allora di spiegarmi in questo modo: « Tutti i cinesi fanno risalire la loro origine a Huang-Ti. Quattromila anni fa entrò in guerra con Si-Iu. Il suo nemico era fortissimo, ma, nondimeno, Huang-Ti vinse Si-Iu e lo uccise. Dopo questo, Huang-Ti fondò la nazione cinese. Sono dunque quattromila anni che la nostra nazione è stata fondata da Huang-Ti. Ora, a cosa saremo arrivati se Huang-Ti non avesse ucciso il suo nemico, ma fosse rimasto ucciso lui stesso? Dove sareste voi oggi? » « Non esisterei affatto » rispose il mio interlocutore. « Oh no! Huang-Ti poteva morire della sua morte, ma voi potevate vivere la vostra vita ».« Impossibile » gridò quell'uomo. « S'egli fosse morto, io non avrei potuto vivere, perché è da lui che io ho ricevuto la vita, dalla sua discendenza » .
Vediamo noi l’unità della vita umana? La nostra vita viene da Adamo. Se vostro nonno fosse morto all'età di tre anni, dove sareste voi? Sareste morti in lui! La vostra esistenza è legata alla sua. Ora, esattamente nella stessa maniera l’esistenza di ognuno di noi è legata a quella di Adamo. Nessuno può dire « Io non sono mai stato in Eden » perché virtualmente noi eravamo là allorquando Adamo cedette alle parole del serpente. Siamo, dunque, tutti implicati nel peccato di Adamo, ed a causa della nostra nascita « in Adamo », ereditiamo da lui tutto ciò che egli è divenuto in conseguenza del suo peccato, cioè la natura di Adamo, che è la natura di un peccatore. Abbiamo ricevuto da lui la nostra esistenza fisica, e, poiché la sua vita è diventata una vita di peccato, una natura peccaminosa, la natura che noi abbiamo da lui è altrettanto peccaminosa. Così, come abbiamo già detto, il male è nella nostra eredità, non soltanto nel nostro agire. A meno di poter cambiare la nostra nascita, non c'è liberazione per noi. Ma è precisamente in questa direzione che troveremo la soluzione del nostro problema, perché è esattamente così che Dio ha fatto.

Continua...