Se il tuo occhio ti è di scandalo, cavalo e gettalo via
Inviato: domenica 2 maggio 2010, 17:07
Se il tuo occhio ti è di scandalo, cavalo e gettalo via
Sul fronte spirituale dobbiamo pur riconoscere che spesso siamo disertori. La vista del sacrificio spegne facilmente il nostro spirito gagliardo. Davanti a una rinuncia, preferiamo volentieri la fuga o le mani in alto. Allora adduciamo le nostre scuse, le nostre giustificazioni, andando in cerca di consigli, diventando d'un tratto prudenti e assennati, cercando di mascherare le nostre vergognose ritirate con facili vittorie, e la nostra grettezza con inutile generosità. Ma che vale moltiplicare gli atti di valore se continuano i rapporti col nemico? Che vale la nostra solerzia senza sacrificio? Che vale trangugiare pozioni e decotti se occorre invece il ferro del chirurgo? Come un capitano navigato noi rechiamo a bordo il nostro contrabbando morale cercando di dissimulare perfino a noi stessi la nostra falsa posizione. Cerchiamo di sfuggire al dilemma che invece ci perseguita: o rinunciare al peccato o rinunciare a Dio. Decidiamo: se vogliamo salvarci, tagliamo i ponti col nemico. Se vogliamo la nostra libertà, non confondiamoci a sciogliere il nodo gordiano della nostra passione: tagliamolo. Non c'è tempo da perdere. Non c'è altra via. Ci è cara quell'amicizia, ma ci mette in pericolo: tronchiamola; ci è cara quella abitudine, ma la nostra coscienza non l'approva: smettiamola. Ci invita quella strada, ma sappiamo che ci conduce al male: deviamo. Ci vuole questo coraggio. Dicono che il Cristianesimo è per i pavidi, per i deboli, per i poveri di spirito. Ci par debolezza questo coraggio che spesso manca ai cosiddetti forti? Combattere chi si odia è facile, vincere un avversario alletta, ma combattere e vincere se stessi è da eroi! Il Cristianesimo non è il rifugio di uomini senza spina dorsale, ma è palestra da atleti. Finché saremo altalenanti non saremo mai veri cristiani.
Non dobbiamo essere pietosi verso noi stessi. Non dobbiamo essere teneri con la nostra carne. Affrettiamoci dunque, prima che sia troppo tardi. Salviamo ciò che più importa, prima che tutto perisca.
Un naufrago non si cura più del bagaglio, perché ha la vita in pericolo. Non ci spaventi il dolore del distacco; non ci vinca l'orrore dell'amputazione: più grande sarà la gioia della libertà riconquistata. Tutto in noi rifiorirà, come nell'albero potato che si sgrava di un peso inutile, anzi dannoso, e inizia una seconda giovinezza. La vita stessa comincia col distacco e col distacco si raggiunge la maturità spirituale nella quale si diventa finalmente padroni in casa propria.
Senza staccarsi dalla terra non si può volare.
(Ignoto)
Sul fronte spirituale dobbiamo pur riconoscere che spesso siamo disertori. La vista del sacrificio spegne facilmente il nostro spirito gagliardo. Davanti a una rinuncia, preferiamo volentieri la fuga o le mani in alto. Allora adduciamo le nostre scuse, le nostre giustificazioni, andando in cerca di consigli, diventando d'un tratto prudenti e assennati, cercando di mascherare le nostre vergognose ritirate con facili vittorie, e la nostra grettezza con inutile generosità. Ma che vale moltiplicare gli atti di valore se continuano i rapporti col nemico? Che vale la nostra solerzia senza sacrificio? Che vale trangugiare pozioni e decotti se occorre invece il ferro del chirurgo? Come un capitano navigato noi rechiamo a bordo il nostro contrabbando morale cercando di dissimulare perfino a noi stessi la nostra falsa posizione. Cerchiamo di sfuggire al dilemma che invece ci perseguita: o rinunciare al peccato o rinunciare a Dio. Decidiamo: se vogliamo salvarci, tagliamo i ponti col nemico. Se vogliamo la nostra libertà, non confondiamoci a sciogliere il nodo gordiano della nostra passione: tagliamolo. Non c'è tempo da perdere. Non c'è altra via. Ci è cara quell'amicizia, ma ci mette in pericolo: tronchiamola; ci è cara quella abitudine, ma la nostra coscienza non l'approva: smettiamola. Ci invita quella strada, ma sappiamo che ci conduce al male: deviamo. Ci vuole questo coraggio. Dicono che il Cristianesimo è per i pavidi, per i deboli, per i poveri di spirito. Ci par debolezza questo coraggio che spesso manca ai cosiddetti forti? Combattere chi si odia è facile, vincere un avversario alletta, ma combattere e vincere se stessi è da eroi! Il Cristianesimo non è il rifugio di uomini senza spina dorsale, ma è palestra da atleti. Finché saremo altalenanti non saremo mai veri cristiani.
Non dobbiamo essere pietosi verso noi stessi. Non dobbiamo essere teneri con la nostra carne. Affrettiamoci dunque, prima che sia troppo tardi. Salviamo ciò che più importa, prima che tutto perisca.
Un naufrago non si cura più del bagaglio, perché ha la vita in pericolo. Non ci spaventi il dolore del distacco; non ci vinca l'orrore dell'amputazione: più grande sarà la gioia della libertà riconquistata. Tutto in noi rifiorirà, come nell'albero potato che si sgrava di un peso inutile, anzi dannoso, e inizia una seconda giovinezza. La vita stessa comincia col distacco e col distacco si raggiunge la maturità spirituale nella quale si diventa finalmente padroni in casa propria.
Senza staccarsi dalla terra non si può volare.
(Ignoto)