Con la mano del cuore

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Angelodolce
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Con la mano del cuore

Messaggio da Angelodolce » giovedì 18 marzo 2010, 21:23

Con la mano del cuore

Non vi è nulla di più concreto e di più ineffabile di una carezza. Dice ciò che non si vede. Racconta l'impalpabile intensità di sentimenti profondi. Comunica la trepidazione di emozioni sommerse. Offre ciò' che non si può chiedere. Domanda quello che si ha il diritto di pretendere. Appaga le aspettative che non si osavano far conoscere.
Il cuore precede le parole; le parole anticipano i passi; i passi mostrano le mani; le mani realizzano il contatto, quindi, l'incontro.

Non vi è amore senza contatto: Non vi è cordialità senza simpatia; non vi è simpatia senza la capacità - anzi , la disponibilità- di condividere, di stare insieme, di farsi carico, di prendersi, appunto, a cuore l'altro e ciò che egli sta vivendo.

Lo sguardo che si posa con benevolenza sull'altro porta pace, gioia, serenità, tenerezza, misericordia, comprensione, vita. Ma uno sguardo che non ha mani e che non ha voce è vuoto, inespressivo, lontano, insignificante.

Come si può guardare un bambino senza sentire il bisogno di accarezzarlo, di prenderlo in braccio, di stringerlo, di stropicciarlo? Senza lasciarsi- a propria volta- guardare, avvicinare, accarezzare, stringere al collo dagli occhi, dalle mani, dalla voce, dal corpo di quello stesso bambino?

L'amore non ha finzioni, né forzature. Fugge il male, si attacca al bene; si rallegra con chi è nella gioia e piange con chi è nel pianto. Si fa vicino, cerca il contatto diretto, personale, profondo: Non si accontenta. Non può starsene lontano, al sicuro.

Nel buio diventa sguardo per chi non ha occhi e cammino per chi non ha piedi. Nel silenzio diventa "parola" di consolazione, di vita, di speranza, di fiducia. Nelle solitudini si fa "mano" pronta a stringere, a scrivere, a custodire, ad accogliere, a donare, a lasciare andare, perfino a perdere. Diventa simpatia, capacità di immedesimarsi, di patire insieme, di entrare in sintonia. Produce cordialità, cioè necessità di donarsi, di consolare, di muoversi a compassione, di fare spazio, di entrare nell'intimo senza invadere, di comprendere senza costringere, di aiutare senza forzare, di donare senza pretendere.

Una carezza è la mano del cuore. Non ha cose da donare. Non ha nemmeno "cose buone" da comunicare. Semplicemente è un segno d'amore che comunica se stesso, che facilmente mette in sintonia con chi raggiunge, prima ancora di riuscire a dire o a fare qualsiasi cosa. L'esserci viene prima del fare.

Non ha bisogno di giustificarsi. Non ha altre finalità. Stringe, avvolge, contiene e rende libero, felice, spingendo l'altro verso l'alto. Contagia, convince, coinvolge. Conosce, lasciandosi conoscere, non temendo di svelare nemmeno la parte di debolezza sempre presente in ognuno. Non è debolezza, infatti, posare la mano del cuore in quella di Colui che mentre ti ascolta, mentre ti guarda, mentre ti parla riesce a riscaldarti dentro. "Non ci ardeva forse il cuore- si dicono i due di Emmaus mentre tenevano tra le mani quel tozzo di pane spezzato rimasto sulla tavola- mentre ci parlava?". E i due, poi, corrono. Vanno di corsa, con il cuore gonfio a festa, a stringere altre mani, condividendo quel po' di pane che lo Sconosciuto incontrato lungo la via aveva trasformato nel pane del riconoscimento, della riconoscenza, della condivisione.

Non c'è tempo per chi si scopre con il cuore in fermento. Non c'è un'ora più' giusta di un'altra per condividere, per entrare in sintonia. "I due" corrono, subito. Le loro mani dapprima bussano, poi stringono, quindi condividono. E tutto diventa luce, grande, importante, anche le cose più piccole.

Questo accade con i frutti dello Spirito.



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