Riscoprire una vocazione educativa
Inviato: giovedì 5 novembre 2009, 1:37
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tratto da "I né-né guardano avanti"
di Silvia Sanchini, Segno n°10 anno 2009
(...) Innanzitutto, c'è da evidenziare una nuova e crescente fatica nel passaggio di testimone tra le generazioni.
Alcuni autori parlano di «dialogo interrotto» (Savagnone, Bruglia) e in generale si riscontra una diffusa difficoltà nella trasmissione di modelli e valori, in passato dati per scontati (...)
È il caso allora di gettare la spugna e rassegnarsi?
Mai come oggi e mai come in questo caso la vera svolta è nelle mani di ciascuno di noi, a patto di riuscire a scrollarci di dosso pregiudizi e cliché e uno sguardo ancora troppo rivolto al passato.
Alcune strade sono da percorrere con sempre maggiore urgenza ed entusiasmo: innanzitutto riscoprire una vera e profonda passione per l'educazione, attraverso la capacità di intessere relazioni autentiche e significative.
Parallelamente, occorre accettare che tanto più il compito diventa arduo, quanto più non possiamo affrontarlo da soli: abbiamo bisogno di alleanze, di uscire dall'autoreferenzialità, di costituire reti che coinvolgano scuola, famiglia, parrocchia, associazioni...
Occorrono educatori che siano capaci di costruire ponti, di mettere in contatto realtà molto diverse tra loro, di costruire un tessuto d'azione attorno a valori comuni e condivisi.
Infine, bisogna sperimentare nuove strategie, formare educatori che non si improvvisino tali ma che posseggano le giuste competenze e le accompagnino a un'opportuna pensosità.
Anche in ambito ecclesiale ci si accontenta troppo spesso di semplici forme di animazione piuttosto che pensare e proporre personali ed efficaci percorsi educativi.
La comunità cristiana ricopre e svolgerà dunque sempre più un ruolo cruciale: se saprà uscire dai propri confini istituzionali e osare maggiormente, raggiungendo giovani - soprattutto i più lontani - anche nei luoghi della loro sofferenza, riscoprendo la vocazione educativa che dovrebbe appartenere a ciascun cristiano.
Occorre che i giovani tornino ad incontrare adulti significativi, persone interessanti e credibili, che non hanno smesso di camminare, capaci di stimolarli e di trasmettere loro una passione sincera per la vita, di denunciare - scrive l'arcivescovo Giancarlo Maria Bregantini - tutto ciò che viola e calpesta l'onestà e la dignità perché «siamo chiamati a più nobile bellezza».
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Si tratta di un articolo con argomenti che - soprattutto in questo periodo, a causa di alcune situazioni parrocchiali che mi sto trovando ad affrontare/vivere - condivido appieno: c'è davvero bisogno, a mio avviso, di riscoprire una vocazione educativa.
Non si possono più improvvisare proposte formative e scambiarle per semplici animazioni (nel senso parrocchiale del termine).
C'è bisogno che ognuno si renda conto di quello che può dare, di quello che è chiamato ad offrire agli altri e accetti e prenda consapevolezza del momento in cui doversi fare da parte e lasciare spazio a nuove proposte. Nuove, appunto, non sempre le stesse portate avanti sempre allo stesso - sterile - modo.
Voi cosa ne pensate?
ps: scusate il piccolo sfogo, ma come vi dicevo su, è un argomento molto caldo e caro per me in queste ultime settimane...
tratto da "I né-né guardano avanti"
di Silvia Sanchini, Segno n°10 anno 2009
(...) Innanzitutto, c'è da evidenziare una nuova e crescente fatica nel passaggio di testimone tra le generazioni.
Alcuni autori parlano di «dialogo interrotto» (Savagnone, Bruglia) e in generale si riscontra una diffusa difficoltà nella trasmissione di modelli e valori, in passato dati per scontati (...)
È il caso allora di gettare la spugna e rassegnarsi?
Mai come oggi e mai come in questo caso la vera svolta è nelle mani di ciascuno di noi, a patto di riuscire a scrollarci di dosso pregiudizi e cliché e uno sguardo ancora troppo rivolto al passato.
Alcune strade sono da percorrere con sempre maggiore urgenza ed entusiasmo: innanzitutto riscoprire una vera e profonda passione per l'educazione, attraverso la capacità di intessere relazioni autentiche e significative.
Parallelamente, occorre accettare che tanto più il compito diventa arduo, quanto più non possiamo affrontarlo da soli: abbiamo bisogno di alleanze, di uscire dall'autoreferenzialità, di costituire reti che coinvolgano scuola, famiglia, parrocchia, associazioni...
Occorrono educatori che siano capaci di costruire ponti, di mettere in contatto realtà molto diverse tra loro, di costruire un tessuto d'azione attorno a valori comuni e condivisi.
Infine, bisogna sperimentare nuove strategie, formare educatori che non si improvvisino tali ma che posseggano le giuste competenze e le accompagnino a un'opportuna pensosità.
Anche in ambito ecclesiale ci si accontenta troppo spesso di semplici forme di animazione piuttosto che pensare e proporre personali ed efficaci percorsi educativi.
La comunità cristiana ricopre e svolgerà dunque sempre più un ruolo cruciale: se saprà uscire dai propri confini istituzionali e osare maggiormente, raggiungendo giovani - soprattutto i più lontani - anche nei luoghi della loro sofferenza, riscoprendo la vocazione educativa che dovrebbe appartenere a ciascun cristiano.
Occorre che i giovani tornino ad incontrare adulti significativi, persone interessanti e credibili, che non hanno smesso di camminare, capaci di stimolarli e di trasmettere loro una passione sincera per la vita, di denunciare - scrive l'arcivescovo Giancarlo Maria Bregantini - tutto ciò che viola e calpesta l'onestà e la dignità perché «siamo chiamati a più nobile bellezza».
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Si tratta di un articolo con argomenti che - soprattutto in questo periodo, a causa di alcune situazioni parrocchiali che mi sto trovando ad affrontare/vivere - condivido appieno: c'è davvero bisogno, a mio avviso, di riscoprire una vocazione educativa.
Non si possono più improvvisare proposte formative e scambiarle per semplici animazioni (nel senso parrocchiale del termine).
C'è bisogno che ognuno si renda conto di quello che può dare, di quello che è chiamato ad offrire agli altri e accetti e prenda consapevolezza del momento in cui doversi fare da parte e lasciare spazio a nuove proposte. Nuove, appunto, non sempre le stesse portate avanti sempre allo stesso - sterile - modo.
Voi cosa ne pensate?
ps: scusate il piccolo sfogo, ma come vi dicevo su, è un argomento molto caldo e caro per me in queste ultime settimane...