Il ghiacciolo curioso (Bruno Ferrero)

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Angelodolce
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Il ghiacciolo curioso (Bruno Ferrero)

Messaggio da Angelodolce » lunedì 13 luglio 2009, 19:31

IL GHIACCIOLO CURIOSO

“Sui verdi fianchi da una balza delle Alpi, sotto un roccione sporgente, c’era la tana di una lepre di montagna. Quella lepre ogni tanto faceva capolino. Come tutti gli animali selvatici, era povera in canna e viveva nutrendosi di ogni sorta di erbaggi. Aveva però due vestiti, un lusso che la natura le concedeva gratuitamente e senza pericolo di farla diventare ambiziosa.

I fiori, che vedevano la lepre d’estate, conoscevano bene il suo giubbetto color grigio-bruno con la gran toppa bianca sul petto. I ghiacci e le nevi che la vedevano d’inverno, conoscevano invece il suo candido, attillato pastrano. Anche i ghiaccioli, che pendevano numerosi e impettiti all’ingresso della tana, stavano ad ammirarla un po’ invidiosi per ore e ore, mentre dormiva avvolta nella sua bianca pelliccia.

Sul finire di un inverno, mentre la lepre si preparava a cambiare vestito perché l’aria si era fatta meno cruda e ormai le nevi avevano preso congedo, sul roccione sovrastante la tana si vide un ghiacciolo ostinatamente aggrappato all’orlo di una fenditura.
Non ti decidi ad andartene”, gli chiese un giorno l’abete più vicino. “I tuoi fratelli sono già partiti da un pezzo! Finirai col non riuscire a raggiungerli!”.

“Andarmene io?... io non me ne vado: rimango. Durante l’inverno non ho fatto che sentir decantare la primavera con i suoi colori, l’estate con la sua luce e il vento che sembra una carezza e la gioia dei fiori e dell’erba, e il cielo tutto lucido e pulito… Perfino le lepri so che mutano d’abito, come per prepararsi a una festa. Perché proprio io non dovrei conoscere tante belle cose, se sono belle davvero? Ho deciso perciò di restare fino alla primavera, magari fino all’estate!”.
“Resta pure se ci riesci”.

“Questo, amico bello è affar mio!”.

Quando l’aria cominciò a intiepidire, il ghiacciolo volle mettersi al riparo dal sole. Si staccò dalla fenditura con un crepitio secco e si lasciò cadere in una incavatura della roccia nella quale il sole non batteva e da cui avrebbe potuto assistere comodamente allo spettacolo atteso. Ma quando si fu fermato sentì che era caduto addosso a qualcosa.
“Che maniera villana di presentarsi!” - brontolò quel qualcosa.

“Sono veramente mortificato”, esclamò il ghiacciolo. “Non avevo visto che c’era lei. Se permette, anzi mi presento: io sono un ghiacciolo, l’ultimo ghiacciolo dell’inverno”.
”Bene, tanto piacere, io sono una cartuccia, una cartuccia di fucile da caccia”.

“Ma come si trova qui, signora cartuccia? È carica o scarica? Che pensa della primavera e dell’estate? Che programmi ha per il futuro?”.
“Ragazzo, non prendiamoci confidenze!”.

Era una cartuccia molto dura e superba e vedeva tutte le cose dal punto di vista delle cartucce. “Sono di ottima marca, e … carica, naturalmente. E se mi trovo qui è solo a causa di uno spiacevole contrattempo. Durante una battuta, il mio padrone mi ha smarrita, povero sciocco! Andava a caccia della lepre, e io ero l’ultima cartuccia che gli restava. La lepre può ringraziare il cielo: se aveva da fare con me non scappava di certo”.“Ma che le ha fatto la lepre?”

“Niente mi ha fatto. Ma non doveva nascere lepre. Se la trovo, l’accoppo”.

“Via, c’è posto per tutti a questo mondo…”.

“Tu non immischiarti nei miei fatti privati. Spero solo che il cacciatore ripassi di qua e che mi veda. Al resto penserò io!”.
L’aria si era fatta ormai mite e la lepre vagava nei dintorni in cerca di nutrimento. Quanto al ghiacciolo, esso faceva una gran fatica a non sciogliersi e cercava di aderire all’incavatura della roccia nel punto più profondo e più fresco. Voleva a tutti i costi vedere i fiori dei rododendri, le stelle alpine, il tenero dell’erba novella, il cielo lucido e pulito nello sfolgorio della sua luce cilestrina. Ormai non doveva attendere molto.

Ma un mattino, svegliandosi, non vide più la cartuccia. Orme d’uomo, recenti, erano impresse nel suolo ai piedi del roccione. Il cacciatore era passato di là? La cartuccia aveva ritrovato un fucile? Bisognava avvertire la lepre del pericolo, subito!

“Lepre! Lepre! Ehi, lepre! “, si mise a gridare il ghiacciolo. “Non uscire! C’è gente che ti minaccia qua attorno!”. Nessuno rispose. La lepre certamente era fuori dalla tana. Al ghiacciolo non rimase che starsene rincantucciato nell’incavatura della roccia a rimuginare pensieri uno più triste dell’altro. Nel pomeriggio echeggiò fra le montagne un colpo di fucile. Verso sera, trascinandosi a stento, la lepre fece ritorno nella tana. Era malconcia, grondava sangue, aveva la febbre.
“Oh poveretta, poveretta”, esclamò commosso il ghiacciolo che, in fondo, non aveva un cuore di ghiaccio.” Che cosa ti è successo? Chi è stato? Quella sciagurata cartuccia?”. “Non so”, rispose la lepre con filo di voce, cadendo sfinita sulla soglia della tana. “Ho visto una vampa. Ho udito un sibilo. Sono ferita. Ho tanta sete…”.

Il ghiacciolo non volle udire altro. Si rotolò fin sul margine dell’incavatura, sulla roccia ancor calda dal sole, e cominciò rapidamente a sciogliersi. Cadde in gocce fitte e refrigeranti sulle ferite della lepre, in gocce ristoratrici sulle sue labbra riarse.
“Chi piange, lassù?”, balbettò la lepre stupita, riavendosi a poco a poco.

Ma il ghiacciolo non poté più rispondere. Si era ormai sciolto del tutto, senza neppur pensare che le stelle alpine e i rododendri non erano ancora fioriti, che il cielo non era ancora terso e azzurro. Tutte cose che dovevano essere belle, oh molto belle, a vedersi”.

Il ghiacciolo ha sacrificato se stesso perché vivesse ancora la lepre sua amica. Gesù ha “sacrificato” la vita perché gli uomini

potessero avere la via eterna.

Il nostro grazie a Cristo, vero cibo, vera bevanda per tutti gli uomini.



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