Pagina 1 di 1

È faticoso frequentare i bambini

Inviato: mercoledì 17 aprile 2013, 15:43
da Luca
L’ANGOLO DELLA CATECHESI a cura di Luca Morutto

È faticoso frequentare i bambini

A quanti di noi svolgono il delicato servizio nella catechesi, spesso viene rivolta la domanda: “ma come fai a tenere a bada quel branco di forsennati?” oppure “come fai con quel bambino così difficile?”. La risposta non è semplice. A volte rimaniamo in silenzio semplicemente perché è frutto di una predisposizione naturale, spesso accenniamo ai rudimenti della nostra formazione pedagogica, molte volte invece ammettiamo che è faticoso frequentare i bambini. Immagino che molti di voi già conoscano i versi del poeta Korkzack. “Dite: è faticoso frequentare i bambini. Avete ragione. Poi aggiungete: perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli. Ora avete torto. Non è questo che più stanca. È piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi. Per non ferirli”. Questi versi sono illuminanti per molti di noi, perché ci aiutano a capire come occorre abbassarsi, farsi piccoli, per volare alto come i bambini. A volte sorprende notare come molti di noi adulti non riescano a comprendere che, per entrare in contatto con i bimbi e avvicinarsi al loro modo di vedere e capire il mondo, è necessario di tanto in tanto mettersi anche fisicamente alla loro altezza, piegarsi e sedere per terra, giunture permettendo. Per molti di voi non si tratta di una novità e avete già sperimentato con soddisfazione questa pratica. Bisogna ammettere, però, che si vedono troppo spesso adulti impalati ed ingessati davanti ai piccoli. Questo non significa, ovviamente, che non li amino, ma semplicemente che non comprendono quanto sia importante in questa prima fase di vita andare incontro ai bambini anche mettendosi alla loro altezza, evitando di essere sempre guardati dal basso in alto. Del resto, a differenza dei più piccoli, noi possiamo scegliere di restare diritti in piedi oppure di abbassarci fisicamente al loro livello. Sovente, agli incontri di catechismo abbiamo sperimentato che non c’è nulla di male nel venire ogni tanto loro incontro accucciandoci, rotolando insieme sul pavimento o sull’erba, consentendo loro di arrampicarsi sul nostro corpo. Perdiamo forse di autorità o di prestigio? Temiamo di sporcarci o di sgualcire il vestito? No, non c’è nulla di male ma c’è tanto di bene perché abbassandoci abbiamo la possibilità di comprendere meglio l’altezza dei loro sentimenti e di essere accolti in quel mondo che un tempo era anche il nostro e che oggi ci sembra così lontano e forse incomprensibile. Non è il piegarsi verso il bambino che stanca, più difficile e faticoso è, una volta seduti a terra con loro, scoprire che i bambini volano alto e che, se vogliamo entrare nel loro mondo, dobbiamo scrollarci di dosso quella zavorra che gli anni e la vita hanno accumulato sulle nostre spalle.
“E dunque come fate?”, per ritornare alla domanda iniziale. Prendiamo la rincorsa e spicchiamo un balzo insieme ai nostri piccoli. Non ci preoccupiamo, non ci scambiano per degli strani animali, i bambini conoscono coloro che li circondano, i loro umori, le loro abitudini, le loro debolezze (…). Sentono la benevolenza, indovinano l’ipocrisia, afferrano al volo il ridicolo. Leggono in faccia, come il contadino predice il tempo osservando il cielo. Sanno chi siamo, contano sulla nostra protezione e saggezza, ma, proprio per questo, apprezzano la nostra capacità di avvicinarci a loro anche fisicamente. E quando abbiamo dei dubbi, li guardiamo in viso: vi scorgiamo sempre sorpresa e gratitudine. È da questo tipo di dinamiche più che dalle classiche “lezioni” che noi catechisti riusciamo a penetrare il mondo dei bambini e a farne parte. E farne parte è naturalmente una grazia speciale sia per noi che per loro perché s’innesca uno scambio vicendevole di emozioni, sentimenti, parole… che crea clima, intesa, collaborazione. Che cosa intendo, ad esempio, per “scambio”? Per concludere, tra la fatica e la gioia di frequentare i bambini, mi piace condividere con voi alcuni dei pensieri che ho raccolto in questi anni nel mio quadernetto. Sono pensierini dei bambini, spesso i più vivaci, i più “difficili”. “Ma Gesù i peccati li segni in rosso come la maestra?”. “Caro Gesù, mi piace tanto il padrenostro. Ti è venuta subito o l'hai dovuta fare tante volte? Io quello che scrivo lo devo rifare un sacco di volte”. “Forse Caino e Abele non si ammazzavano tanto se avessero avuto una stanza per uno. Con mio fratello funziona!”. “Caro Gesù è tanto che aspetto la primavera ma non è ancora arrivata. Non dimenticartela!”. “Padre nostro, che sei nei cieli, qualche volta penso a te anche se non sto pregando”. “Il mio parroco è un amico di Gesù oppure lo conosce solo per lavoro? Perché è così marrone, non si fa’ la doccia o ha preso troppo sole?”. “Oggi a scuola abbiamo studiato che Tommaso Edison ha inventato la luce. Ma al catechismo dicono che è stato Dio. Per me lui gli ha rubato l’idea”. “Caro Gesù, credevo che l'arancione stava male con il viola. Ma poi ho visto il tramonto che hai fatto martedì, fortissimo”. “Gesù, se guardi in chiesa domenica ti faccio vedere le mie scarpe nuove”. “Caro Gesù, non devi preoccuparti per me. Guardo sempre da tutte e due le parti”. “Ma come fa Gesù, è bravissimo! Riesce sempre a mettere le stelle al posto giusto”. (…)

È faticoso frequentare i bambini

Inviato: mercoledì 17 aprile 2013, 21:30
da Venerabile Beda
Bella riflessione. Vorrei solo tentare, se possibile di sfatare un luogo comune. I bambini, non sono tutti uguali. Come del resto, le persone adulte, non sono tutti uguali. Siamo tutti diversi. L'uguaglianza... è un principio ideale, che si fa male quando si scontra con la realtà. Molto male. Mi è capitato, in sede di animazione liturgica di guidare un coro di bambini, provenienti da famiglie "per bene", credenti e praticanti. Bambini educati, vivaci, ma educati. Non ci voleva molto a gestirli. È stato relativamente facile, con l'aiuto di Dio. L'anno dopo, altra "razza". Bambini non molto educati, di famiglie poco praticanti, dove c'erano difficoltà anche con le semplici preghiere... è stata tosta. Lì dopo reiterati tentativi di dialogo e di coinvolgimento, ho dovuto alzare la voce, più di qualche volta. Eppure, facevo quello che facevo l'anno prima. Non una cosa in più, non una in meno.
Questo per dire, che quando si tratta di bambini, la famiglia d'origine, fa la differenza. E non poco. Se la famiglia non è buona, i bambini, essendo bambini, non hanno il tempo e la maturità di rinnegare le cose sbagliate della famiglia di origine, salvaguardare quelle positive, e ricostruire una propria identità. Questo lo può fare la persona adulta (se intelligente). Ma gestire bambini maleducati e viziati (ci sono) è tosta, ed è poco piacevole, tanto per non essere ipocriti. Gestire bambini educati, è un piacere. Questo del resto, vale anche per le persone adulte.
Dove educati, non è sinonimo di... mosci.