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La nostra Dottrina non è nostra ma di Cristo

Inviato: giovedì 5 aprile 2012, 16:15
da Venerabile Beda
Di recente, un gruppo di sacerdoti in un Paese europeo ha pubblicato un appello alla disobbedienza, portando al tempo stesso anche esempi concreti di come possa esprimersi questa disobbedienza, che dovrebbe ignorare addirittura decisioni definitive del Magistero – ad esempio nella questione circa l’Ordinazione delle donne, in merito alla quale il beato Papa Giovanni Paolo II ha dichiarato in maniera irrevocabile che la Chiesa, al riguardo, non ha avuto alcuna autorizzazione da parte del Signore. La disobbedienza è una via per rinnovare la Chiesa? Vogliamo credere agli autori di tale appello, quando affermano di essere mossi dalla sollecitudine per la Chiesa; di essere convinti che si debba affrontare la lentezza delle Istituzioni con mezzi drastici per aprire vie nuove – per riportare la Chiesa all’altezza dell’oggi. Ma la disobbedienza è veramente una via? Si può percepire in questo qualcosa della conformazione a Cristo, che è il presupposto di un vero rinnovamento, o non piuttosto soltanto la spinta disperata a fare qualcosa, a trasformare la Chiesa secondo i nostri desideri e le nostre idee?

Ma non semplifichiamo troppo il problema. Cristo non ha forse corretto le tradizioni umane che minacciavano di soffocare la Parola e la volontà di Dio? Sì, lo ha fatto, per risvegliare nuovamente l’obbedienza alla vera volontà di Dio, alla Sua Parola sempre valida. A Lui stava a cuore proprio la vera obbedienza, contro l’arbitrio dell’uomo. E non dimentichiamo: Egli era il Figlio, con l’autorità e la responsabilità singolari di svelare l’autentica volontà di Dio, per aprire così la strada della Parola di Dio verso il mondo dei gentili. E infine: Egli ha concretizzato il suo mandato con la propria obbedienza e umiltà fino alla Croce, rendendo così credibile la sua missione. Non la mia, ma la tua volontà: questa è la parola che rivela il Figlio, la sua umiltà e insieme la sua divinità, e ci indica la strada.

Lasciamoci interrogare ancora una volta: non è che con tali considerazioni viene, di fatto, difeso l’immobilismo, l’irrigidimento della tradizione? No. Chi guarda alla Storia dell’epoca post-conciliare, può riconoscere la dinamica del vero rinnovamento, che ha spesso assunto forme inattese in movimenti pieni di vita e che rende quasi tangibili l’inesauribile vivacità della santa Chiesa, la presenza e l’azione efficace dello Spirito Santo. E se guardiamo alle persone, dalle quali sono scaturiti e scaturiscono questi fiumi freschi di vita, vediamo anche che per una nuova fecondità ci vogliono l’essere ricolmi della gioia della fede, la radicalità dell’obbedienza, la dinamica della speranza e la forza dell’amore.

Cari amici, resta chiaro che la conformazione a Cristo è il presupposto e la base di ogni rinnovamento. Ma forse la figura di Cristo ci appare a volte troppo elevata e troppo grande, per poter osare di prendere le misure da Lui. Il Signore lo sa. Per questo ha provveduto a "traduzioni" in ordini di grandezza più accessibili e più vicini a noi. Proprio per questa ragione, Paolo senza timidezza ha detto alle sue comunità: imitate me, ma io appartengo a Cristo. Egli era per i suoi fedeli una "traduzione" dello stile di vita di Cristo, che essi potevano vedere e alla quale potevano aderire. A partire da Paolo, lungo tutta la storia ci sono state continuamente tali "traduzioni" della via di Gesù in vive figure storiche. Noi sacerdoti possiamo pensare ad una grande schiera di sacerdoti santi, che ci precedono per indicarci la strada: a cominciare da Policarpo di Smirne ed Ignazio d’Antiochia attraverso i grandi Pastori quali Ambrogio, Agostino e Gregorio Magno, fino a Ignazio di Loyola, Carlo Borromeo, Giovanni Maria Vianney, fino ai preti martiri del Novecento e, infine, fino a Papa Giovanni Paolo II che, nell’azione e nella sofferenza ci è stato di esempio nella conformazione a Cristo, come "dono e mistero". I santi ci indicano come funziona il rinnovamento e come possiamo metterci al suo servizio. E ci lasciano anche capire che Dio non guarda ai grandi numeri e ai successi esteriori, ma riporta le sue vittorie nell’umile segno del granello di senape.

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Ogni nostro annuncio deve misurarsi sulla Parola di Gesù Cristo: "La mia dottrina non è mia" (Gv 7,16). Non annunciamo teorie ed opinioni private, ma la fede della Chiesa della quale siamo servitori. Ma questo naturalmente non deve significare che io non sostenga questa dottrina con tutto me stesso e non stia saldamente ancorato ad essa. In questo contesto mi viene sempre in mente la parola di sant’Agostino: Che cosa è tanto mio quanto me stesso? Che cosa è così poco mio quanto me stesso? Non appartengo a me stesso e divento me stesso proprio per il fatto che vado al di là di me stesso e mediante il superamento di me stesso riesco ad inserirmi in Cristo e nel suo Corpo che è la Chiesa. Se non annunciamo noi stessi e se interiormente siamo diventati tutt’uno con Colui che ci ha chiamati come suoi messaggeri così che siamo plasmati dalla fede e la viviamo, allora la nostra predicazione sarà credibile. Non reclamizzo me stesso, ma dono me stesso. Il Curato d’Ars non era un dotto, un intellettuale, lo sappiamo. Ma con il suo annuncio ha toccato i cuori della gente, perché egli stesso era stato toccato nel cuore.


Il brano è una parte dell'omelia odierna della Messa del Crisma, del pontefice. Ancora una volta, Benedetto XVI, con la grandezza e la delicatezza che lo contraddistinguono, ha affermato la Verità. È scandaloso che dei sacerdoti, abbiano avanzato richieste di questo tipo. Non è un giudizio di valore sulle persone, giudizio che non ci compete, ma è evidente, è un fatto oggettivo che il Vangelo costoro, non lo conoscono, non lo hanno capito, o fanno finta di non conoscerlo, o fanno finta di non capirlo. Forse in buona fede, come dice il successore di Pietro. Ma è così. Altrimenti certe richieste, non si farebbero proprio. In linea di principio, è come chiedere al papa: “Possiamo rubare”? Come ci potrebbe rispondere il papa? Domanda retorica… anzi Storica: “Non possiamo, non vogliamo, non dobbiamo!”. La Chiesa, deve dire solo quello Cristo dice. Quello che Cristo vuole. E Cristo, non vuole donne sacerdoti. Punto. Non lo ha concesso nemmeno a Sua Madre (e non certo per questione di dignità!!!!) e nemmeno a una sua grande amica: Maddalena, pur avendo avuto per loro, altre “attenzioni”. Ma non quello. Benedetto XVI, giustamente, ricorda che questo principio, è stato ribadito in modo irrevocabile, da Giovanni Paolo II il grande. È anche una contraddizione gridare tutti: “Santo subito!”, e poi mettere in discussione gli insegnamenti del Suo Magistero, dove ha esaltato il ruolo della Donna nella Chiesa, ma ribadendo, che le donne, non hanno in nessun caso il diritto di accedere al sacerdozio, diritto che per disposizione divina di Cristo Signore, spetta solo agli uomini (maschi). E solo ad alcuni! E non per dignità, ma per chiamata. Così è. Piaccia o meno, d’accordo o meno. Disobbedienza? Chi disobbedisce? Chi si appella alla disobbedienza? Satana, si ribella, disobbedisce. Satana, il diavolo, colui che divide, istigando alla disobbedienza. In questi giorni invece, noi celebriamo Cristo, che obbedisce alla volontà di Dio Padre, anche se fa molto male, anche se non piace, anche se scomodo. Solo questo basti. Ormai è chiaro, un’apostasia è iniziata. Senza drammi. Lo sapevamo. E sarà sempre più evidente e sfacciata. Se si tratta dell’apostasia finale, non lo sappiamo. Il successore di Pietro in carica, come i suoi predecessori, si mostra fedele a Cristo e al Suo Vangelo. Noi continueremo ad essere obbedienti al successore di Pietro, chiunque egli sia, finché questi si mostra fedele a Cristo e al Suo Vangelo, ovvero finché come Benedetto XVI, come Giovanni Paolo II il grande, ecc. insegna dottrine non sue, ma di Cristo. Quando e sé, ci dovesse essere un successore di Pietro, che manifestamente, oggettivamente, indiscutibilmente, insegna dottrine sue, in contrasto con il Vangelo, con il volere di Cristo, di Dio Padre, allora, lì sì, disobbediremo, ma di brutto. E oltre. Viceversa, sosterremo con tutte le nostre forze, chi mostra di sforzarsi davvero (coi fatti), di essere fedele a Cristo e al Suo Vangelo. Senza remore. Andando contro corrente, contro le mode, contro la cultura… se occorre. Con Carità? Certamente. Ma anche con una fermezza assoluta. La stessa fermezza che fa sì che insieme alla Presenza dello Spirito Santo, il Cristianesimo esista da 2000 anni. Senza cedere di mezzo millimetro. Solo ciò che dice il Vangelo è giusto. Solo ciò che dice la Scrittura è corretto. Solo il Magistero della Chiesa collaudato, informato sul Vangelo, è corretto. Il resto è spazzatura. Certo, alcuni adeguamenti, a volte sono necessari. E si fanno. Il Vaticano II, lo dimostra. Ma senza cambiare una virgola della Dottrina. Può cambiare la forma... ma non la sostanza.