Re: Missione e gemellaggio
Inviato: lunedì 20 ottobre 2008, 0:46
Il gemellaggio ventennale tra Noto e Butembo-Beni è “manifestazione dell'universalità della Chiesa, di amicizia e solidarietà”. Un'esperienza che monsignor Sikuli Paluku Melchisedech, vescovo di Butembo-Beni definisce “dono di grazia”.
A Butembo-Beni cento anni fa iniziava la prima evangelizzazione e venti anni fa il gemellaggio con la Chiesa di Noto. Quali frutti si raccolgono oggi ? “La coincidenza di questi due eventi per me provvidenziale, ha portato frutti visibili: innanzitutto la vitalità che caratterizza oggi la nostra chiesa, segno che la buona notizia del Vangelo si è propagata tra la gente. Incontrando i fedeli in occasione della mia recente visita pastorale ho potuto constatare che tutti gli abitanti della diocesi hanno recepito il senso delle numerose Opere di assistenza ai poveri e ai più deboli. Ad oggi abbiamo 36 parrocchie su una superficie di 45mila chilometri quadrati, ma tante comunità aspettano di avere sacerdoti per continuare ad evangelizzare. Proprio per rispondere a questa attesa abbiamo pensato di costituire otto nuove parrocchie, di cui sei entro la fine di quest'anno, grazie anche alla grazia dell'ordinazione dei giorni scorsi di 12 sacerdoti”.
In particolare, quale incidenza ha avuto e continua ad avere il gemellaggio sul territorio diocesano? “Attraverso il gemellaggio la nostra gente è stata testimone di una comunione tra fedeli non solo vissuta in lontananza ma sperimentata in modo concreto attraverso le visite e la condivisione delle esperienze. Ebbene, questa comunione, a livello pastorale, ha contribuito a una evangelizzazione integrale dell'uomo, non solo nella sua dimensione spirituale. Grazie al gemellaggio poi, i fedeli di Butembo-Beni hanno capito che la Chiesa è davvero universale. In questi venti fratelli e le anni, infatti, i sorelle di Noto sono venuti a visitarci sempre, nonostante la distanza e la guerra che negli ultimi dieci anni ha reso insicura la regione. Una espressione, questa, non soltanto di fede e di speranza, ma anche il segno di una grande amicizia e un messaggio di pace che ha inciso sul territorio a livello politico. Anche dal punto di vista sociale il Gemellaggio ha avuto una forte incidenza. Basti pensare alle numerose opere in tutte le parrocchie gemellate, all'università, al Centro nutrizionale "Giorgio Cerruto '' alla pediatria e al reparto di ginecologia ''Grazia Minicuccio'' in costruzione. Senza dimenticare le adozioni dei fanciulli orfani e il contributo per le scuole”.
Quali insegnamenti reciproci sono maturati in questi venti anni di gemellaggio tra le due Chiese? “Fermo restando che l'insegnamento più grande che viene dal gemellaggio riguarda il carattere universale della Chiesa, c'è un altro aspetto che nel tempo ha inciso nella formazione cristiana della nostra comunità: la lezione dell'amore di una Chiesa e di un popolo lontano che come un gemello ha sentito sulla sua pelle le gioie e le sofferenza di un altro popolo. Dall'altra parte, credo che i fratelli della diocesi di Noto in questi anni siano stati colpiti positivamente dalla nostra gioia che non dipende dall'avere, ma da un cuore aperto capace di amare e di riconoscere il bene che si fa e di ringraziare per questo. Una gioia che la nostra gente manifesta attraverso l'accoglienza generosa degli ospiti, senza mostrare mai che forse qualcuno tra la folla rientrando a casa non ha neppure da mangiare”.
Laura Malandrino (da Avvenire del 03/02/08)
A Butembo-Beni cento anni fa iniziava la prima evangelizzazione e venti anni fa il gemellaggio con la Chiesa di Noto. Quali frutti si raccolgono oggi ? “La coincidenza di questi due eventi per me provvidenziale, ha portato frutti visibili: innanzitutto la vitalità che caratterizza oggi la nostra chiesa, segno che la buona notizia del Vangelo si è propagata tra la gente. Incontrando i fedeli in occasione della mia recente visita pastorale ho potuto constatare che tutti gli abitanti della diocesi hanno recepito il senso delle numerose Opere di assistenza ai poveri e ai più deboli. Ad oggi abbiamo 36 parrocchie su una superficie di 45mila chilometri quadrati, ma tante comunità aspettano di avere sacerdoti per continuare ad evangelizzare. Proprio per rispondere a questa attesa abbiamo pensato di costituire otto nuove parrocchie, di cui sei entro la fine di quest'anno, grazie anche alla grazia dell'ordinazione dei giorni scorsi di 12 sacerdoti”.
In particolare, quale incidenza ha avuto e continua ad avere il gemellaggio sul territorio diocesano? “Attraverso il gemellaggio la nostra gente è stata testimone di una comunione tra fedeli non solo vissuta in lontananza ma sperimentata in modo concreto attraverso le visite e la condivisione delle esperienze. Ebbene, questa comunione, a livello pastorale, ha contribuito a una evangelizzazione integrale dell'uomo, non solo nella sua dimensione spirituale. Grazie al gemellaggio poi, i fedeli di Butembo-Beni hanno capito che la Chiesa è davvero universale. In questi venti fratelli e le anni, infatti, i sorelle di Noto sono venuti a visitarci sempre, nonostante la distanza e la guerra che negli ultimi dieci anni ha reso insicura la regione. Una espressione, questa, non soltanto di fede e di speranza, ma anche il segno di una grande amicizia e un messaggio di pace che ha inciso sul territorio a livello politico. Anche dal punto di vista sociale il Gemellaggio ha avuto una forte incidenza. Basti pensare alle numerose opere in tutte le parrocchie gemellate, all'università, al Centro nutrizionale "Giorgio Cerruto '' alla pediatria e al reparto di ginecologia ''Grazia Minicuccio'' in costruzione. Senza dimenticare le adozioni dei fanciulli orfani e il contributo per le scuole”.
Quali insegnamenti reciproci sono maturati in questi venti anni di gemellaggio tra le due Chiese? “Fermo restando che l'insegnamento più grande che viene dal gemellaggio riguarda il carattere universale della Chiesa, c'è un altro aspetto che nel tempo ha inciso nella formazione cristiana della nostra comunità: la lezione dell'amore di una Chiesa e di un popolo lontano che come un gemello ha sentito sulla sua pelle le gioie e le sofferenza di un altro popolo. Dall'altra parte, credo che i fratelli della diocesi di Noto in questi anni siano stati colpiti positivamente dalla nostra gioia che non dipende dall'avere, ma da un cuore aperto capace di amare e di riconoscere il bene che si fa e di ringraziare per questo. Una gioia che la nostra gente manifesta attraverso l'accoglienza generosa degli ospiti, senza mostrare mai che forse qualcuno tra la folla rientrando a casa non ha neppure da mangiare”.
Laura Malandrino (da Avvenire del 03/02/08)