Pagina 7 di 7

Re: Ancora casi di pedofilia nella Chiesa?

Inviato: martedì 24 maggio 2011, 16:06
da Venerabile Beda
Le illazioni, le ipotesi, le congetture... non mi pare abbiamo alcunché di costruttivo, se non riempire alcuni giornali. Se qualcuno avesse fatti reali da riferire, li riferirebbe alla Procura della Repubblica. Ma riferendoli... Non con illazioni e detto e non detto... altrimenti è solo alimentare leggende metropolitane appunto. Se qualcuno ha accuse da fare, le deve muovere in modo chiaro, esplicito, certo, e soprattutto, dimostrandole. Non con le illazioni. Nessun serio magistrato, può accettare le illazioni, che sono inaccettabili per definizione, in qualsiasi caso e in qualsiasi contesto.

Re: Ancora casi di pedofilia nella Chiesa?

Inviato: martedì 24 maggio 2011, 16:56
da Benedetto
Sempre nell'ottica di cercare di aiutare a capire dove sta la verità, ho trovato questo: si tratta di un libro di un tal Agnoli che secondo me è un prof. che ho sentito varie volte parlare a Radio Maria, edito da Fede e Cultura e quindi penso uscito da ambiti cattolici. L'articolo l'ho trovato in un sito cattolico-

IL DIAVOLO INSEGNA IN SEMINARIO? UN NUOVO LIBRO INDAGA SULLA PEDOFILIA NELLA CHIESA

di Francesco Colafemmina

"È innegabile che il generale rilassamento dei costumi che ha interessato la società nel suo complesso (vedi la rivoluzione del 1968), si è verificato anche nella Chiesa a partire dal Concilio e dalle sue interpretazioni. Si è voluto aprirsi al mondo, “aggiornare” la fede, mentre il risultato è che essa si è pian piano oscurata. Il problema dell'immoralità è infatti una conseguenza della crisi della fede: la verginità sacerdotale, come la castità degli sposi, oggi così violate, sono entrambe perle che devono essere custodite gelosamente e con cura. Si tradisce la verginità sacerdotale, come si tradisce la castità matrimoniale, quando si è perso il senso profondo della vocazione cui si è chiamati. Occorrono preghiera e senso del soprannaturale: ciò che soprattutto la riforma liturgica postconciliare ha messo in ombra, soprattutto in molte sue applicazioni concrete."

È questa una delle più significative conclusioni cui giunge il prezioso saggio di Francesco Agnoli appena pubblicato da Fede & Cultura. Il saggio che conta anche importanti contributi di Massimo Introvigne, Luca Volontè, Lorenzo Bertocchi e Giuliano Guzzo è la più recente e dettagliata pubblicazione in merito alla fragorosa esplosione mediatica del fenomeno pedofilia cominciata nel Gennaio 2010.

Partiamo dal cuore dell'inchiesta condotta da Agnoli: "Il problema dell'immoralità è infatti una conseguenza della crisi della fede". Questo è il centro del fenomeno attuale. Non si tratta di continuare ad occultare, nascondere, giustificare i vergognosi crimini, i delitti infami commessi dai sacerdoti pedofili. E non è, d'altra parte, necessario soltanto gridare questi crimini, quasi che gli alti lai dei giornali possano arrestarne la perpetrazione nel futuro. La questione è assai più complessa e delicata. E come già si intuisce dal sottotitolo del libro (Il diavolo insegna in seminario?) uno dei punti essenziali è quello della formazione dei religiosi.
L'eccessivo lassismo nei seminari è stato e in molti casi continua ad essere una delle principali concause dell'ordinazione di pedofili travestiti da preti. E ciò non semplicemente perché una educazione meno rigida e meno concentrata sulle devozioni, la preghiera ed il senso del sacro, conduce inevitabilmente a considerare l'etica una sorta di masso erratico della coscienza, che alfine ognuno modella in base al proprio estro; ma soprattutto perché le maglie troppo larghe di una formazione ecclesiastica che tutti accoglie pur di far numero, non hanno filtrato quei poveri uomini affetti da gravi patologie e da inquietanti deformazioni della propria sessualità.

Non sarà un caso, quindi, se già quelle famose presunte lettere "mitologiche" di prelati affini alle massonerie internazionali parlavano già negli anni sessanta (1961) di sovvertimento programmatico dei seminari: "organizzare silenziosamente come disgregare gli studi e la disciplina dei seminari". O ancora: "iniziare con la disgregazione dei programmi di studio, insistendo presso i nostri fedeli docenti perché, con nuovi argomenti di nuova pseudo-teologia e pseudo-filosofia, gettino il seme presso gli alunni, oggi sitibondi di novità. In tal modo, la disgregazione disciplinare sarà una semplice conseguenza che verrà spontaneamente". E infine: "bisogna diffondere in tutti i seminari il nostro concetto di libertà e dignità della persona umana, senza alcuna remora nè da parte dei superiori, né da parte di alcuna legge".

Queste famigerate testimonianze scritte, per quanto fasulle possano essere, non mancano di autenticità storica. In fondo, non riassumono quanto è lentamente avvenuto nei seminari a partire da una data epoca? Queste lettere, peraltro, costituiscono una perfetta diagnosi del male che ormai stava imperversando in quegli anni di frenesie e debolezze. Non a caso Agnoli, nella sua approfondita analisi del fenomeno pedofilia nella Chiesa, ricorre alla rievocazione di quella confusione morale che nel '68 ha la sua origine e che si è sviluppata in maniera vorticosa negli anni a venire: "Tutto è stato messo in discussione, anche i principi basilari, non negoziabili: da qui lo sconcerto anche di molti religiosi, che hanno iniziato a barcollare, a non capire più la scelta impegnativa e generosa della verginità, a non comprendere più a pieno il proprio ministero. Dalle migliaia e migliaia che hanno lasciato la veste, proprio dopo il Concilio, a coloro che l'hanno tenuta, senza però più sentirla propria. La crisi della Chiesa poi ha tolto ogni argine alla crisi della società, che ognuno può toccare con mano ogni giorno."

Queste parole mi ricordano le coraggiose e determinanti riflessioni di quel gran faro della fede che fu il cardinal Siri. Il grande cardinale genovese scriveva già nel 1952, con la sua tipica previdente lucidità, che il principale problema della sua epoca era costituito da una "tristezza" diffusa, da una noia per la vita, per il quotidiano, che si traduceva in sete di novità, di eccessi, di liberazione dai freni inibitori di una morale considerata ormai residuo del passato. Alla base di tutto, per Siri, c'era la critica razionalistica e l'annientamento di quell' "alone del mistero" che è lo sfondo fondamentale delle nostre esistenze. Come coniugare questa crisi del mistero con la crisi morale? Ebbene Siri rispondeva già in questi termini: "I rapporti con Dio sono anzitutto nel culto a Dio e a questo culto inteso nel senso più comprensivo e più largo, appartiene il viver decorosamente morale, poiché non si adora Dio senza accettarne in concreto e verità e legge. Quello sfondo gli uomini hanno rimosso in una irragionevole euforia di sufficienza, e la loro vita non ha più come principale impegno, in ogni piano il culto del Signore; con questo hanno dilapidato il primo naturale costitutivo del loro equilibrio morale, vitale e psicologico, la più grande componente della loro pace e pertanto sono condannati alla noia ed alla tristezza."

Noia e tristezza che degenerano in un allargamento dei freni etici, in uno sdoppiamento delle personalità fra necessità del culto divino e necessità della carne: non più in opposizione pacificata dall'esercizio delle virtù e dalla preghiera, ma in dialettico dialogo. Così Siri, proseguiva la sua lettera pastorale al clero del 1952: "Insomma la noia e la tristezza dilagano perchè manca un equilibrio e l’equilibrio alla Terra lo fa solamente il Cielo. Nessuna cosa della Terra ha senso senza una ragione che stia in Cielo. Nessuna esperienza ha finalità e logica se non attinge il Cielo. Nulla è completo se manca il Cielo. Il Cielo in terra è il culto di Dio. Se questo manca, nulla tampona la terribile emorragia che prima o poi svuota ogni cosa terrena ed il mondo non si salva dall’insulso. (...) Il più sottile dei mali del nostro secolo - la noia e la tristezza - indolenzisce le anime perchè una buona volta esse guardino in alto."

Così giungiamo anche alle attuali esplosioni mediatiche del fenomeno pedofilia. Un fenomeno che è sì un fatto, quindi non può essere negato nella sua evidenza, ma è al contempo utilizzato strumentalmente non per purificare la Chiesa, come Papa Benedetto XVI sta facendo da tempo, bensì per attaccare proprio colui che con severa misericordia guida la barca di Pietro verso lidi più tranquilli ed acque più pure. Così, nel capitolo del nuovo saggio realizzato dal sociologo Giuliano Guzzo viene ricostruita la strumentalità di molte accuse al Santo Padre, materializzatesi nel famoso dossier consegnato al New York Times dall'avvocato Jeff Anderson per puri scopi di lucro e al fine di creare accuse generalizzate che mancano di puntualità e di obbiettività. Altrettanto incisivi i contributi di Luca Volonté, parlamentare dell'UDC e dello storico Lorenzo Bertocchi, tutti incentrati sulle ragioni non dette dell'attacco rivolto a Benedetto XVI. Utilissimo, inoltre, il saggio sociologico di Massimo Introvigne che, nel descrivere ancora una volta l'assurda miopia dei media, sempre pronti ad attaccare la Chiesa, ma reticenti nella descrizione di crimini diffusi anche nel laicato non cattolico, finiscono per demonizzare la categoria degli ecclesiastici creando una sorta di "panico morale", totalmente estraneo alla realtà dei fatti.

In fondo, riagganciandoci alle magistrali considerazioni di Siri, è stato proprio Benedetto XVI a riaffermare che i sacerdoti devono cercare di essere "angeli", dunque ritornare a quell'orizzonte celeste al quale è sempre necessario guardare per ridare slancio alle proprie anime.
Nessuno però può negare che il male morale della Chiesa sia prima di tutto un male morale del mondo. E dunque il punto centrale dell'ipocrisia degli attuali attacchi al pontefice è racchiuso in una contraddizione di fondo: il santo padre che invita il clero a distogliere lo sguardo dal mondo e a ricondurlo verso il Cielo, purificando con atti concreti la Chiesa, è accusato di aver in qualche modo tollerato la deriva morale e criminale di una parte del clero. È come se si criticasse l'unico farmaco in grado di guarire da una malattia virulenta e contagiosa. Invece è a lui che dobbiamo guardare come dono di grazia. È il santo padre che offre il vero farmaco alla Chiesa composta sia dal clero che dal laicato cattolico. Così penso ancora a quanto affermava sempre il cardinal Siri in un'altra splendida lettera pastorale al clero del 1967. Erano passati 15 anni dalla prima lettera e dalla noia si era passati a quella che il cardinale definiva "mimetizzazione" del clero: "Le depravazioni morali hanno sempre dei precedenti intellettuali, perché hanno la pretesa di giustificarsi con qualche appropriata formula. Tuttavia può accadere ed accade che ci si adegui ad un determinato costume, senza affatto ricercarne i precedenti filosofici: comodità, conformismo e paura li possono egregiamente sostituire. Pertanto, almeno per qualche tempo, ci si può mimetizzare con un costume improprio ed anche immorale, senza avere la coscienza di fare una scelta di dottrina. In altri termini ci si può mimetizzare moralmente, senza perdere la Fede. Ma ci si mimetizza. Il mondo ha abolito sostanzialmente la modestia e il pudore. Ne salva alcuni limiti legali e lo fa con aria di sufficienza, coprendo di non sempre benevola compassione chi crede ancora alla modestia e al pudore. Non ha importanza che levi alte grida dinnanzi a fatti sgradevoli di cronaca ed a crimini che sono la conseguenza dell’oltraggio sistematico recato alla modestia ed al pudore. È perfettamente illogico, il mondo, e questo dovrebbe bastare per giudicarlo siccome merita; ma esso probabilmente si gloria anche della sua illogicità. Il suo contegno, logico o no, ha presa su coloro che non tollerano bene di essere esclusi dalla gran sala da ballo universale. Essi, per ottenervi un posticino ed una qualche considerazione, cercano di apparire ormai spogli a tre quarti di ogni rispetto alla modestia ed al pudore. Si sporgono, si pavoneggiano di libertà, di superamento delle viete formule, disdegnano i complessi di colpa (così li chiamano), cercano di farsi sorprendere a ridere su cose serie, fanno ogni sforzo possibile per piacere ai libertini, accaparrarne la nobile stima e giungono ad iscrivere tutto questo nei temi di «pastorale moderna». No! Non è pastorale moderna è solo mimetizzazione."

Così parlava Siri in quel lontano 1967 e come dargli torto? Aveva individuato il germe che corrodeva la fedeltà del clero. Ecco, quindi, che oggi papa Benedetto ripropone al clero ma anche ai laici che di esso spesso devono prendersi cura, di vivere l'agone del vero cristiano che non si mimetizza col mondo, ma vive con gioia e serenità la propria adesione a Cristo. Dalla lettura del saggio pubblicato da Fede & Cultura emerge con chiarezza come lo scandalismo degli ultimi mesi pur nella sua opera di luce sulla verità, abbia sbagliato il bersaglio. Nel contempo tutti non possiamo che gioire per l'opportunità unica che è stata offerta al santo padre per compiere con equanime fermezza quella purificazione della Chiesa che per tanti anni i fedeli hanno atteso e che oggi è diventata una ineludibile necessità.

Re: Ancora casi di pedofilia nella Chiesa?

Inviato: martedì 24 maggio 2011, 18:08
da Venerabile Beda
L'articolo citato, è sostanzialmente condivisibile, a condizione che lo si epuri da una serie di eccessi, sempre sbagliati, in qualsiasi direzione si muovano. Come è assolutamente sbagliato, un eccesso di "modernismo", o meglio, di modernità, è altrettanto sbagliato un eccesso di "classicismo" o meglio tradizionalismo. Se le derive di una modernità a tutti i costi, portano alcuni preti corrotti (e credenti corrotti), ad essere schiavi del sesso, le derive di un eccesso di classicismo o tradizionalismo, portano un'altra parte deviata del clero, ad essere schiava del potere: dei soldi, del titolo, della massoneria. Questo ho osservato. Anche piuttosto da vicino (eufemismo). Certo... come gravità, niente è peggio della pedofilia. Ma dopo la pedofilia, l'allontanare le persone da Cristo, con quello schifosissimo alone di ieraticità (in particolare più grave, quando si allontanano i giovani), non è certo una cosa gradita a Dio. Senza contare, che era la parte del clero più tradizionalista, che tendeva a nascondere questi crimini, col fine di evitare uno scandalo! Questo per dire, che quando si parla di tradizione (non quella del Magistero), e modernità, tutti gli eccessi fanno male. La Chiesa è Cattolica, anche perché le giuste istanze di modernità e tradizione, devono trovare spazio e coesistere, nel rispetto reciproco. Sono gli eccessi che devono essere debellati. Altrimenti questa "universalità", va a farsi benedire. Questo vale soprattutto per la Liturgia. Quindi, giusta la critica di alcuni eccessi (discutibilissimi) della Liturgia postconciliare. Ma gli eccessi. Non la Liturgia Post Conciliare in sé, che è stata una necessaria quanto provvidenziale boccata di ossigeno. Che poi questa non si sia attuata (e non si stia attuando) con le modalità migliori (a volte) è vero.
Anche la nostra Costituzione, sulla carta è eccezionale... ma all'atto pratico è un disastro, ovvero, sistematicamente disattesa. Stesso vale per la riforma liturgica. È l'applicazione, non la riforma in sé che lascia a desiderare.
E a proposito di tradizionalismi, pare che il prete in questione, portasse quasi sempre la tonaca!!!!!! E i preti più "discutibili" (escluso il discorso pedofilia) che ho visto io, portano quasi sempre la tonaca!! Coincidenza??? Probabilmente sì.
O forse, la portano apposta, perché agli occhi ingenui di alcuni, la tonaca, è indice di grandezza morale (balle!!!.... davvero l'abito non fa il monaco!!!).


Per il resto l'articolo mi pare molto condivisibile, in merito alla decadenza morale, dei costumi, la perdita del senso del peccato, ecc.

Ma c'è un'altra questione... da quanti anni quel prete era in quella parrocchia? Non lo so! Una buona regola, è che un prete, più di 3 anni, in una parrocchia, non ci deve stare. Regola che troppo spesso viene disattesa. Se ti capita un santo, o una bravo prete... OK...
Ma se ti capita un poco di buono, e lo trasferisci ogni 3 anni... non ha il tempo di creare intese e comparanze... Cerchiamo di usare il cervello!!! Perché a volte, dietro le schifezze di un prete deviato, c'è la complicità tacita di almeno un laico. Che sa e non parla, e non fa nulla. Talvolta, nemmeno una preghiera.