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Insensibili al male, insensibili a Dio

Inviato: mercoledì 20 aprile 2011, 17:46
da CercodiTe
Oggi il papa, ha fatto questa dichiarazione. Qui c'è un articolo:

www.asianews.it


Addirittura afferma: "Non sentiamo Dio, perché ci disturberebbe". Ma cosa significa esattamente essere insensibili al male? E cosa significa essere insensibili a Dio? Sì, come discorso generale è chiaro... ma cosa significa concretamente nella vita di ogni giorno?

Re: Insensibili al male, insensibili a Dio

Inviato: mercoledì 20 aprile 2011, 19:22
da Cielo
Come fanno a volte i bambini: vogliono fare da soli, non vedono tutti i "pericoli", vedono e vogliono solamente fare da soli, scansano la mamma e si sentono contenti se ci riescono. Il problema nasce se "il fare da soli" ha un lieto esito oppure no!
Voglio dire che per noi fare senza Dio ha un brutto esito: e quando "cadiamo" in questa trappola (es: Adamo ed Eva) l'errore può avere conseguenze irreversibili!
Il fatto che dobbiamo essere umili, (almeno quando si ha sbagliato) e riconoscerci "incapaci" di proseguire sulla strada del bene senza Dio.
Inoltre, non siamo soli, c'è il diavolo che ci insidia, e abbiamo necessità di alimentarci di Dio se vogliamo andare avanti e se non lo facciamo, lui se ne approfitta per spingerci ancora più in basso.

Re: Insensibili al male, insensibili a Dio

Inviato: giovedì 21 aprile 2011, 16:29
da CercodiTe
Sì, questo spiega l'insensibilità verso Dio. Ma cosa si intende per essere insensibili al male? La capacità di soffrire andando comunque avanti, senza tenere conto del male? Oppure insensibili nel senso, non fare caso al fatto che ai TG sentiamo di omicidi e violenze? O cosa?

Re: Insensibili al male, insensibili a Dio

Inviato: giovedì 21 aprile 2011, 19:37
da Cielo
Sì, secondo me vuol dire essere talmente abituati al male da non farci più caso, insomma essere indifferenti, essere egoisti.

Re: Insensibili al male, insensibili a Dio

Inviato: domenica 1 maggio 2011, 15:22
da Benedetto
Il brano del discorso del caro papa è questo:


"Poi, il Signore comincia a pregare. I tre apostoli - Pietro, Giacomo, Giovanni - dormono, ma qualche volta si svegliano e sentono il ritornello di questa preghiera del Signore: “Non la mia volontà, ma la tua sia realizzata”. Che cos'è questa mia volontà, che cos'è questa tua volontà, di cui parla il Signore? La mia volontà è “che non dovrebbe morire”, che gli sia risparmiato questo calice della sofferenza: è la volontà umana, della natura umana, e Cristo sente, con tutta la consapevolezza del suo essere, la vita, l'abisso della morte, il terrore del nulla, questa minaccia della sofferenza. E Lui più di noi, che abbiamo questa naturale avversione contro la morte, questa paura naturale della morte, ancora più di noi, sente l'abisso del male. Sente, con la morte, anche tutta la sofferenza dell'umanità. Sente che tutto questo è il calice che deve bere, deve far bere a se stesso, accettare il male del mondo, tutto ciò che è terribile, l’avversione contro Dio, tutto il peccato. E possiamo capire come Gesù, con la sua anima umana, sia terrorizzato davanti a questa realtà, che percepisce in tutta la sua crudeltà: la mia volontà sarebbe non bere il calice, ma la mia volontà è subordinata alla tua volontà, alla volontà di Dio, alla volontà del Padre, che è anche la vera volontà del Figlio. E così Gesù trasforma, in questa preghiera, l’avversione naturale, l’avversione contro il calice, contro la sua missione di morire per noi; trasforma questa sua volontà naturale in volontà di Dio, in un “sì” alla volontà di Dio. L'uomo di per sé è tentato di opporsi alla volontà di Dio, di avere l’intenzione di seguire la propria volontà, di sentirsi libero solo se è autonomo; oppone la propria autonomia contro l’eteronomia di seguire la volontà di Dio. Questo è tutto il dramma dell'umanità. Ma in verità questa autonomia è sbagliata e questo entrare nella volontà di Dio non è un’opposizione a sé, non è una schiavitù che violenta la mia volontà, ma è entrare nella verità e nell'amore, nel bene. E Gesù tira la nostra volontà, che si oppone alla volontà di Dio, che cerca l'autonomia, tira questa nostra volontà in alto, verso la volontà di Dio. Questo è il dramma della nostra redenzione, che Gesù tira in alto la nostra volontà, tutta la nostra avversione contro la volontà di Dio e la nostra avversione contro la morte e il peccato, e la unisce con la volontà del Padre: “Non la mia volontà ma la tua”. In questa trasformazione del “no” in “sì”, in questo inserimento della volontà creaturale nella volontà del Padre, Egli trasforma l'umanità e ci redime. E ci invita a entrare in questo suo movimento: uscire dal nostro “no” ed entrare nel “sì” del Figlio. La mia volontà c'è, ma decisiva è la volontà del Padre, perché questa è la verità e l'amore."


A mio modesto avviso, come esempio pratico di questa cosa sceglierei l'aborto.
Oggi in buona parte del mondo, poiché abbiamo perso la fede, il bene è considerato male e il male bene.
La volontà di una donna potrebbe essere il male di abortire, ma la volontà di Dio è il contrario.
Oggi in molti posti ti viene consigliato l'aborto con una facilità impressionante.
Noi cristiani non dobbiamo addormentarci, fare compromessi col mondo.
Dobbiamio vigilare al fine di respingere la logica del mondo, che è molto persuasiva.
Se la fede è solida, se meditiamo le Scritture e il Magistero, il compito sarà più facile.
Ma se diventiamo insensibili saremo più propensi a compiere quello che per Dio è male.