Umiltà
umiltà s. f. [dal lat. humilitas -atis]. – 1. Qualità di ciò che è umile, non nobile, modesto: u. di natali, di condizione; l’u. di un mestiere; l’u. di un lavoro non deve mai essere motivo di vergogna. 2. a. Sentimento e conseguente comportamento improntato alla consapevolezza dei proprî limiti e al distacco da ogni forma di orgoglio e sicurezza eccessivi di sé: avere, dimostrare, fingere u.; è troppo pieno di sé, non ha un minimo di u.; l’u. è una delle virtù cristiane. b. Sentimento e atteggiamento umilmente riverente e sottomesso: se vuoi che Dio ti ascolti, devi pregarlo con u.; si presentò al direttore con molta u.; spesso l’u. dell’aspetto non corrisponde al modo di sentire. c. letter. Atteggiamento e contegno improntati a modestia e riservatezza: Ella si va, sentendosi laudare, Benignamente d’u. vestuta (Dante).
Umile
ùmile (poet. ant. umìle) agg. e s. m. e f. [dal lat. humilis, propr. «poco elevato da terra», der. di humus «terra»]. – 1. letter., non com. Poco elevato da terra, basso: Non rifiutan talor la secca fronde Della vite, dell’elce e dell’alloro, E del ginepro umìl (L. Alamanni). 2. a. Non nobile, modesto, soprattutto come origine e stato economico-sociale: essere di u. condizione, nascita, famiglia, o di u. natali; anche come sost., spec. al plur.: non sempre gli u. socialmente lo sono anche nell’animo (L. Romano); più raram., riferito a cose: un’u. casetta, un u. appartamento; un u. abbigliamento, molto dimesso; accettare i lavori, svolgere le faccende o le mansioni più u., più materiali e servili, meno gratificanti. b. poet. Che è in condizione misera, sventurata: Di quella umile Italia fia salute Per cui morì la vergine Cammilla (Dante). 3. a. Che non si esalta del proprio valore e dei proprî meriti, e si mostra invece sempre consapevole dei proprî limiti: è umile; è un grande scienziato, eppure è molto u.; come sost.: Gesù ha lodato gli umili di cuore; che assume un atteggiamento di rispetto e di sottomissione verso gli altri: è molto u. con i superiori; è una persona u. con tutti; mi professo della S. V. umilissimo servitore, formula di cortesia un tempo usata spec. nella chiusa delle lettere e oggi solo con tono di scherzo. In usi letter., che ha un portamento modesto e mite: ella si sedea Umile in tanta gloria (Petrarca). b. estens. Proprio della persona umile nell’animo e nei modi; che manifesta umiltà: contegno u., portamento u.; stare in atteggiamento u. e dimesso; parlare con voce u.; Voi che portate la sembianza umìle, Con gli occhi bassi, mostrando dolore ... (Dante); per gli u. suoi prieghi un poco di compassione gli venne di lei (Boccaccio). 4. ant. o raro. Riferito a opere letterarie, di tono dimesso e semplice, o poco elevato: stile umile. - Accanto al superl. regolare umilissimo, si ha anche, nell’uso letter., la rara forma umìllimo (che riproduce il lat. humillimus). - Avv. umilménte (ant. umileménte), in modo modesto: trascorrere la vita umilmente; con umiltà, con animo sottomesso: ti chiedo umilmente perdono; vi prego umilmente di concedermi questa grazia; ant. o letter., in basso: li baroni egregi Furono alquanto più umilemente (Boccaccio), stettero più in basso; In quella guisa che marino augello ... Terra terra sen va tra rive e scogli Umilmente volando (Caro). Vocabolario Treccani
L’umiltà, si ha quando riconosciamo di non sapere niente. Al di là del simbolo dell’albero, il peccato nel mondo, entra perché l’uomo pretende di conoscere, o meglio, di riconoscere, di saper distinguere il Bene dal male. Ebbene: non siamo capaci di porre in essere questa distinzione con piena Giustizia. Ecco perché Dio, al principio, non ci aveva dato quest’onere. Perché non ne siamo capaci. E dobbiamo riconoscerlo, nonostante la nostra cultura, personale o generale, il progresso, gli studi, le conoscenze, ecc. Abbiamo preteso di metterci al posto di Dio, decidendo noi cosa è Bene e cosa è male: i risultati di questo esame posto in essere dall’uomo, sono cronaca: stupri, omicidi, violenze, prevaricazioni, male nelle più svariate forme. Solo Dio è Dio, e solo Cristo è il Signore. Solo Lui, può giudicare cosa è Bene e cosa è male. Che all’atto pratico, significa: non abbiamo il diritto, la capacità, la competenza adeguata, né al presente, né in futuro, per qualificare come giuste, cose che dalla Scrittura, sono qualificate come sbagliate. L’uomo, non ha il diritto di mettersi al posto di Dio. Né al presente, né in futuro. Noi uomini, ci dobbiamo adeguare alla volontà di Dio. Persino Cristo, pur essendo della medesima natura del Padre, si è adeguato senza discutere, praticamente. E noi che siamo niente, ci permettiamo di discutere, su aborto, eutanasia, divorzio, e altri fatti chiaramente ed esplicitamente contrari alla Legge di Dio, in base a quanto attesta la Scrittura? Questa è la prima umiltà che dobbiamo acquisire: chiarire i ruoli. Dio Padre è Dio, il Creatore. Gesù Cristo, è il Signore. Noi siamo solo servi inutili, resi come figli, per il Suo Amore. Ma l’essere resi figli, non ci dà il diritto di metterci al posto di Dio, facendo cose che poi non siamo nemmeno in grado di gestire. Umiltà, infine, è anche riconoscere la Verità. Dunque, umiltà, è riconoscere Gesù Cristo, per quello che realmente è: il Figlio di Dio fatto uomo, nato ca 2000 anni fa, morto, risorto dai morti (tornato in vita dopo essere morto), e asceso al Cielo.