Siate santi perché Io Sono Santo
Inviato: domenica 20 febbraio 2011, 21:28
La Liturgia di oggi, è una delle più difficili da vivere. Ma a questo dovremmo cercare di orientarci. Ho trovato questo commento, che condivido:
«Siate santi, perché Io, il Signore Dio vostro, Sono Santo». Il vocabolo «Santo» traduce ciò che è separato dall'imperfezione umana di una diversità intoccabile. Tuttavia questa presenza, inavvicinabile, si comunica all'uomo, facendosi presente, per unirlo a sé. Ed essendo noi, su questa Terra, creature terrene - impastate di polvere - dovremo vivere sì umanamente, da terrestri, ma tenendo presente la nostra destinazione finale. Più appoggiati a Dio che agli umani criteri.
Alla legge del taglione dell'antica alleanza il Signore contrappone l'amore anche per i nemici e il pregare per loro. Amare i propri vicini, non è un merito. Salutare i propri fratelli, neppure: sono fatti normali anche dei peccatori e dei pagani. Il Padre celeste ci dà l'esempio: egli trasfonde il suo amore - il sole, la pioggia - anche sugli iniqui e i malvagi.
«Perché il Signore ci comanda di amare i nostri nemici? Perché restino sempre nemici? Lui stesso ha voluto la conversione di quelli per i quali domandava il perdono... Egli basa il comandamento di amare i nemici sull'esempio di Dio stesso» (sant’Agostino).
Il mondo giudica stoltezza questo ricambiare l'odio con l'amore, il male con il bene, le offese con il perdono. Ma san Paolo avverte come sia necessario, per seguire Cristo, farsi stolti «perché la sapienza di questo mondo è follia davanti a Dio» (1Cor 3,19). Se si è davvero cristiani occorre emulare la perfezione infinita di Dio, il suo amore senza limiti, invocando il suo aiuto. Da soli è troppo difficile, è impossibile.
«Siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda, come Dio ha perdonato a voi».
«Siate santi, perché Io, il Signore Dio vostro, Sono Santo». Il vocabolo «Santo» traduce ciò che è separato dall'imperfezione umana di una diversità intoccabile. Tuttavia questa presenza, inavvicinabile, si comunica all'uomo, facendosi presente, per unirlo a sé. Ed essendo noi, su questa Terra, creature terrene - impastate di polvere - dovremo vivere sì umanamente, da terrestri, ma tenendo presente la nostra destinazione finale. Più appoggiati a Dio che agli umani criteri.
Alla legge del taglione dell'antica alleanza il Signore contrappone l'amore anche per i nemici e il pregare per loro. Amare i propri vicini, non è un merito. Salutare i propri fratelli, neppure: sono fatti normali anche dei peccatori e dei pagani. Il Padre celeste ci dà l'esempio: egli trasfonde il suo amore - il sole, la pioggia - anche sugli iniqui e i malvagi.
«Perché il Signore ci comanda di amare i nostri nemici? Perché restino sempre nemici? Lui stesso ha voluto la conversione di quelli per i quali domandava il perdono... Egli basa il comandamento di amare i nemici sull'esempio di Dio stesso» (sant’Agostino).
Il mondo giudica stoltezza questo ricambiare l'odio con l'amore, il male con il bene, le offese con il perdono. Ma san Paolo avverte come sia necessario, per seguire Cristo, farsi stolti «perché la sapienza di questo mondo è follia davanti a Dio» (1Cor 3,19). Se si è davvero cristiani occorre emulare la perfezione infinita di Dio, il suo amore senza limiti, invocando il suo aiuto. Da soli è troppo difficile, è impossibile.
«Siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda, come Dio ha perdonato a voi».