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Re: Le virtù teologali: Fede, Speranza, Carità

Inviato: mercoledì 16 febbraio 2011, 18:01
da Venerabile Beda
«Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato»
(Gv. 15, 12)

La carità è il modo di amare di Dio; è l'Amore stesso di Dio.
Ed è una Persona che si chiama Spirito Santo.
Ed è l'Amore che unisce il Padre col Figlio.
Ed è l'Amore che è stato diffuso in noi nella Pentecoste.
Siamo stati battezzati non più nell'acqua ma nel fuoco dello Spirito Santo, cioè nell'Amore.
Chi possiede lo Spirito Santo e lo ascolta capisce tutto; chi non lo possiede o non lo ascolta non capisce nulla.
Luce e tenebre nel nostro spirito sono fatte da questo Spirito.
Quando si è abbassato sul caos questo Spirito creò l'Universo.
Quando con la sua ombra coprì Maria di Nazaret, la carne della donna divenne la carne del Figlio di Dio.
L'Incarnazione è il frutto dello Spirito Santo e della Umanità vivente in Maria.
Quel che nacque da questa unione si chiamò Gesù.
Gesù è Dio che vive nella carne dell'uomo.
È per questo che è nello stesso tempo Figlio dell'uomo e Figlio di Dio.
Ciò che fa come Figlio dell'uomo, lo fa come Figlio di Dio.
Le due nature appartengono ad una sola Persona: quella di Gesù.
Gesù è Dio fatto uomo.
Gesù è Dio vicino a me.
Gesù è il mio Maestro.
Ciò che fa Gesù è la norma, è la verità.
Il suo Vangelo dovrebbe essere per ognuno di noi la ricerca costante del nostro modo di vivere su questa Terra.
È l'unico libro che dobbiamo conoscere a memoria.
Ed è il Vangelo dell'amore.

«Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato» (Gv. 15, 12).
Qui sta il sunto di tutto.
Non posso più dire: Sono incapace di amare. Perché Lui mi risponde: «Ti ho dato la Carità nella Pentecoste».
Non posso più ribattergli: «Ma cos 'è la carità per me, come faccio a conoscerla?». Perché Lui mi dirà: «Fa' come io ho fatto; ama come io ho amato».
E come hai amato, Gesù?
«Io ho amato morendo per te. Cerca anche tu di morire per il tuo fratello».
Cosa significa, Gesù, morire per il mio fratello?
Devo aspettarmi anch'io una fine come la tua?
«No, non credo e non me lo auguro perché se è bene morire crocifissi, non è bene che ci siano dei crocifissori. Ora ti spiego cosa significa morire per il tuo fratello; ascolta»:

«Ama il tuo nemico; fa' del bene a chi ti odia»;
(Lc. 6, 27)

«A chi ti percuote su una guancia, porgi anche l'altra; e a chi ti prende il mantello, non impedire di toglierti la tunica»;
(Lc. 6, 29»

«Sii misericordioso, come il Padre tuo è misericordioso»;
(Lc. 6, 36)

«Non giudicare... non condannare... perdona»;
(Lc. 6, 37)

«Non guardare la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, guarda la trave che è nel tuo»;
(Lc. 6, 41)

«Vuoi essere il primo? Sii l'ultimo, e come colui che serve».
(Mt. 20, 27)

Basta, Gesù: ce n'è a sufficienza e io sono abituato a dimenticare le belle parole.
Vorrei che tu mi spiegassi con un esempio semplice.
«Ebbene, rileggi la storia del figliol prodigo: io sono il padre che perdona. Se ti capita la stessa cosa, fa' altrettanto con tuo figlio. È un modo di morire per il proprio figlio».
Ancora una.
«Ricordi il fattaccio capitato sulla strada di Gerico, quando i banditi assalirono un negoziante e lo lasciarono mezzo morto sulla strada? Non fare come coloro che scansano i feriti sull'asfalto per paura di sporcare di sangue la macchina o di perdere tempo. Fermati e raccogli il tuo fratello. È un modo di morire un po' per lui».
Ancora una.
«Ricordi la parabola del servo cui il padrone aveva condonato il debito enorme di dieci mila talenti, (ca 9 milioni di Euro) addirittura, e incapace, lui, di condonare un debituccio al suo amico, di pochi Euro?
«Non fare così, Cerca anche tu di dimenticare i debiti dei tuoi amici e così... imparerai a morire un po' per essi».
Ancora una, una vissuta da te, Gesù: un fatto, non una parabola.
«Mi obblighi a raccontarti un caso personale. Ecco, il fatto che mi ha occupato molto e mi ha fatto soffrire in particolare, è stato il caso di Giuda. Giuda l'avevo scelto io, come tutti gli altri, del resto. Però non andava. Per quanti sforzi facessi non entrava e non voleva entrare nel mistero del Regno, nelle esigenze della Buona Novella. Io sapevo che mi avrebbe tradito, che si sarebbe rivoltato contro di me. Già dopo il discorso di Cafarnao sulla Eucaristia capii che si era messo su quella strada. Eppure... Eppure l'ho sopportato come tutti gli altri, come se niente fosse. Ho continuato ad amarlo... E dire che mi aveva offerto lui stesso l'occasione di sbarazzarmi di lui. Aveva incominciato a rubare nella borsa comune. Sarebbe bastata una piccola denuncia, sarebbe stato arrestato ed io mi sarei liberato di lui. Non gli ho detto nulla. Io sono d'avviso che ogni uomo deve essere lasciato libero nelle sue scelte fino in fondo. Questo è anche l'avviso di mio Padre che non ha mai bloccato i peccatori, anche potendolo. Non è un dittatore mio Padre; è estremamente sensibile alla libertà di ognuno. E anche io fui sensibile alla libertà di tradirmi che aveva tra le mani il mio fratello Giuda. E mi tradì. E quando venne per accompagnare le guardie del Tempio nel mio nascondiglio che lui conosceva, ho accettato ancora il suo abbraccio, anche se era giunto al parossismo di tradirmi con un bacio. Io vorrei che i miei discepoli capissero che il Regno che stiamo assieme costruendo è un Regno diverso da tutti gli altri regni, proprio perché è il Regno del vero Amore e non del falso amore. E il vero Amore è cosa rara, estremamente difficile a viversi. Vedi, si tratta di morire noi, non di far morire gli altri. È troppo facile piantare la spada nel cuore degli altri; è ben più difficile piantarla nel proprio. Eppure questa è la mia Rivoluzione. Ed è per questo che liberamente ho accettato di salire il Calvario. Credi tu che non avrei potuto liberarmi? Ci voleva così poco! No, io non volevo dare speranze a coloro che vedevano nella Buona Novella la costituzione di un regno ideale quaggiù, anche fosse un regno in cui io stesso fossi re. È sempre la stessa illusione che inganna il cuore degli uomini: regnare, dominare, essere forti, star bene, non aver bisogno di nulla e di nessuno, non ammalarsi mai, non morire mai, vincere sempre. E alla fine restano sempre sorpresi dalla realtà che è un'altra».
E qual è questa realtà?
«La realtà è che il Regno non è di questo mondo» (Gv. 18, 36).
«La realtà è che c'è un passaggio, di cui la morte è la porta. La realtà è che la Risurrezione non può avvenire senza la morte che la precede. I miei amici lo dimenticano troppo facilmente; ma è così. E non si tratta solo della morte come atto finale della vita umana, si tratta della morte in cui vi ho configurati e che si deve accettare ogni giorno per risorgere ogni giorno. Dopo la mia morte sul Calvario, i figli del Regno sono con me morti, sepolti nella mia morte; dopo la mia Risurrezione essi sono con me risorti. Ma come io non ho distaccato i due tempi, le due realtà, così anch'essi non possono, non devono distaccare i due misteri. È troppo facile esaltarsi nella mia Risurrezione, è troppo ingiusto non voler passare attraverso la mia morte; anche se costa. Ecco perché è difficile amare, perché vogliono già risorgere senza prima morire. Tra chi si ama, se non si è disposti a morire l'uno per l'altro, presto l'amore si consuma, sfiorisce, scompare. Se si è disposti a morire per il fratello, l'Amore per lui si sviluppa, vive la sua pienezza, diventa eterno. Chi ama deve essere disposto a morire. Io ho fatto così e sono morto per voi. E il mio amore per voi è eterno, invincibile. Fate anche voi come io ho fatto, amate come io ho amato e conoscerete cosa significa la beatitudine. E tenete conto che un atto di misericordia vale più di un atto di furbizia, e che la diplomazia che mettete nei vostri rapporti è paglia portata via dal vento. E non dimenticate che è meglio perdere che vincere, quando perdere significa essersi abbassati davanti al fratello. Volete il segreto per correre velocemente sulla strada dell'Amore e per godere una grande pace del cuore? Eccolo:
Desiderate l'ultimo posto davanti a chi amate; abbassatevi volontariamente come io mi sono abbassato pur essendo Dio;
- preoccupatevi di amare e non di essere amati;
- non cercate la gloria umana, ma il servizio degli uomini;
- non fate del vittimismo che vi mangia il cuore, ma siate felici di essere vittima nascosta e gioiosa;
- non credete alla violenza delle armi, nemmeno a quella che fa le rivoluzioni;
- credete alla violenza dell'Amore;
- non agitatevi per convertire il mondo, ma agitatevi per convertire voi stessi; più sarete piccoli e poveri, più sarete felici; quando l'amore vi crocifiggerà, ricordatevi che vi sono vicino».
Il Dio che viene, Carlo Carretto

Re: Le virtù teologali: Fede, Speranza, Carità

Inviato: mercoledì 16 febbraio 2011, 18:49
da CercodiTe
Beda, è uno dei testi più belli e veri che abbia mai letto in vita mia (dopo il Vangelo). Grazie! [k-grazie]

Re: Le virtù teologali: Fede, Speranza, Carità

Inviato: mercoledì 16 febbraio 2011, 22:56
da Venerabile Beda
In effetti è stupendo.