Peccato.... quando?


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Re: Peccato.... quando?

Messaggio da Kic » lunedì 6 luglio 2009, 16:01

Non hai torto Venerabile, ma io ho voluto solo sapere se era strano essere felici pur sapendo di peccare. Lo so che Gesù parla dell'indissolubilità del matrimonio ed è chiaro in quello, un mio don mi diceva un giorno: forse il Signore ti ha dato questa moglie come una croce, e come tale devi portarla. Quel suo discorso mi ha lasciato di stucco. Pensavo alla croce come una qualche malattia, un dolore magari spirituale, una certa situazione. Non ho pensato mai ad una persona come una croce per me. Ed invece.... Però tutto questo va al di fuori della mia domanda iniziale. Si può essere felici nel peccato?....
Tizianamilano, non devi sentirti a disagio qui in questo cielo. Il chiedere preghiere per parenti o amici è sintomo, secondo me, di fede nel Signore e nella preghiera comunitaria. Riconoscersi deboli e "poveri" è bello agli occhi di Dio. Non credi?...


Non a noi Signore, non a noi,
ma al tuo nome dà gloria,
per la tua fedeltà, per la tua grazia.
(Sal.113, B 1)



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Re: Peccato.... quando?

Messaggio da Venerabile Beda » lunedì 6 luglio 2009, 16:15

Dipende da cosa si intende per "essere felici"...
Posto che in questo mondo, in nessun caso si può essere felici (perché la vera felicità implica l'eternità di una condizione positiva, che non può cambiare in nessun caso, in nessuna circostanza e per nessuna ragione, salvo migliorare), anche nel peccato, si può stare bene.
Salvo poi stabilire se questo bene, sia vero bene, o un bene fittizio.
Generalmente però questo stare bene, è soggettivo.
Dipende dalla coscienza del soggetto, e dalla percezione che il soggetto stesso ha del peccato. In breve, varia da persona a persona e da circostanza a circostanza.
Un criterio discriminante, non verificabile a priori, è l'esito finale. Se il bene vissuto, è vero bene, continua ad essere tale oltre la morte. Se finisce con la morte, non era vero bene, e quindi, non era "felicità". A priori, a mio avviso, l'unico modo di verifica, è quello sopra accennato...
La mia condizione di "felicità", di bene, toglie qualcosa a qualcuno?? (astrattamente, sempre si toglie qualcosa a qualcuno: ad ogni vantaggio della persona X, corrisponde lo svantaggio della persona Y... il senso della domanda è: toglie direttamente qualcosa a qualcuno?).
Se la risposta è sì, dubito che si possa parlare di vero bene, che porta alla "felicità", al di là di quello che si sente al presente, macroscopicamente inteso.

Non si può costruire "felicità" sull'infelicità altrui... come non ci si può arricchire rubando agli altri, non si può costruire l'amore di coppia, sul tradimento, sull'adulterio, sul rubare la donna a un altro, l'uomo a un'altra.


Il Venerabile Beda

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