La conversione è un termine che implica il cambiamento di alcuni o di tutti gli aspetti che caratterizzano una realtà, in rapporto all’individuo connota il cambiamento del modo di agire, di pensare e nell’orientamento della vita; nella sfera religiosa indica una trasformazione del rapporto dell’uomo con Dio (D. Mongillo, Conversione, 1977).
Nelle lingue bibliche la fenomenologia della conversione è espressa da due serie di vocaboli che si collegano alla radice sub/nhm in ebraico; ai verbi metanoein, epistrefein in greco; a poenitemi-convertere in latino ed a pentirsi, far penitenza, convertirsi in italiano.
Tutti esprimono un movimento di allontanamento “da” e di ritorno”a”, pur avendo ciascuno la sua specificità.
Sub, significa ritorno sui propri passi, un’inversione a “U”: nell’Antico Testamento sta a indicare il ritorno all’alleanza tra Jahvè e il suo popolo. Qui il ritorno non è inteso come un movimento a senso unico, Aubin (Le probleme de la conversion) fa notare che la caratteristica più importante del concetto veterotestamentario di conversione è questo volgersi reciproco l’uno all’altro, il tesavah si vive sul modo relazionale di una conversione-conversazione tra Dio e il suo popolo.
Tutta la storia del popolo d’Israele si snoda come declinazione della sua relazione con Dio, questa relazione passa attraverso momenti di crisi, rotture, ricomposizioni e ritorni; è sempre Dio a prendere l’iniziativa del dialogo ed a favorire il ritorno del popolo d’Israele alla relazione con Lui. La conversione è qui rappresentata come l’atteggiamento personale e comunitario di una storia sacra e nasce da eventi concreti, come ad esempio le grandi calamità, interpretate come punizioni di Jahvè perché l’alleanza viene trascurata, con la conseguenza che per poter risolvere la situazione di crisi era necessario stringere un nuovo patto.
Per questo motivo venivano celebrati riti di penitenza, gesti che avevano lo scopo di tradurre la volontà di ristabilire la relazione con Dio, ma il rito penitenziario non era sufficiente se non era accompagnato da un’inversione ad “U”.
Nella traduzione greca i vocaboli che si collegano alla radice sub/nhme, vengono resi con i termini metanoia e strefo; nel Nuovo Testamento essi stanno ad indicare un movimento fisico, un volgersi, un ritorno esteriore legato al cambiamento interiore.
Dunque mentre nei profeti dell’Antico Testamento l’appello alla conversione si svolge con un ritorno al passato, al punto di partenza, l’appello di conversione di Giovanni Battista indica un ritorno non la passato ma al futuro prossimo venuto, qui l’uomo deve operare una metanoia, un mutamento non solo di opinioni e pensieri, come potrebbe far pensare l'etimologia dell parola, né solo un pentimento rivolto al passato, fondato sul rimpianto delle colpe commesse, ma deve compiere un radicale riorientamento di sé: il discepolo si ritrova così trasformato nel comportamento e nella mentalità.